Saturday, October 7, 2023

ANTONELLO GHEZZI. Terra Cielo Iperuranio

Dopo il successo riscosso nei musei internazionali, da Madrid a Beirut, da New York ad Atene, il duo artistico Antonello Ghezzi approda al CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia con la mostra Terra Cielo Iperuranio, curata da Eleonora Acerbi con un testo critico di Cesare Biasini Selvaggi.

Al piano zero del Museo, dal 7 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024, sarà esposta una quindicina di opere, rappresentative di un percorso focalizzato sulla leggerezza e sulla magia, capace di abbracciare l’infinitezza dell’universo e l’intimità delle relazioni umane, che Nadia Antonello (Cittadella, 1985) e Paolo Ghezzi (Bologna, 1980) hanno deciso di intraprendere insieme a partire dal 2009.

La mostra sarà inaugurata sabato 7 ottobre alle ore 18.00, in occasione della diciannovesima edizione della Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani.

Il percorso espositivo, ideato dagli artisti stessi, suddivide le opere su tre livelli – TerraCielo Iperuranio – secondo un itinerario non necessariamente cronologico, ma tematico, che si propone di accompagnare il visitatore in un viaggio di scoperta, per potenziare il pensiero e allenare l’immaginazione.

La prima sala corrisponde alla Terra, il luogo delle relazioni, dove trovano posto i primi grandi progetti di Antonello Ghezzi. Si potranno abbattere muri con bolle di sapone, il modo meno violento che esista, attraverso l’opera Blow against the walls. Si potrà interrogare l’oracolo con T’Oracolo, un progetto nato nel 2010 che ha visto mutare continuamente la sua forma, tenendo tuttavia invariato il meccanismo per il quale «io T'Oracolo e tu sarai l’oracolo per qualcun altro». Un’opera semplice, fatta di fogliettini e di sole domande, carica però di tensioni universali che spingono gli uomini a capirsi gli uni con gli altri. Sarà inoltre esposta l’installazione Attesa dell'amore, un grande specchio che alla fine dell’Ottocento decorava la sala d’aspetto della stazione di Pistoia e che, passando dal laboratorio del duo grazie all’interessamento della Galleria Vannucci Arte Moderna e Contemporanea di Pistoia, ha visto incisa e illuminata la scritta che dà il titolo all’opera: un invito a specchiarsi e a leggersi nell’attesa dell’amore, chiave di volta della prima sala. 

Apermettere il passaggio al secondo livello, una delle opere più importanti per gli inizi della carriera di Antonello Ghezzi: La porta che si apre col sorriso. L’installazione, situata quasi al centro della stanza, ma posta in corrispondenza dei varchi verso il Cielo l’Iperuranio, permette a chiunque di passare lateralmente; attraversarla però porta in un’altra dimensione e il sorriso è l’unica chiave di accesso.

La seconda sala, dedicata al Cielo, tenta di far alzare i piedi da Terra, ancora solo leggermente. Alcune bandiere appese, che riproducono la Via Lattea, incorniciano un piccolo ufficio immaginario, dove si potrà firmare la propria Cittadinanza della Via Lattea. Un’opera politica che ricorda al visitatore quanto la vastità dell’universo possa esserun’opportunità per il genere umano, per guardare le stelle e capire chi si voglia realmente essere. L’opera Legare la terra al cielo presenta una stampa fotografica su specchio retro-incisa, nella quale si intravede una performance avvenuta nel 2021 tra campi e colline immerse nel buio. Dei sottilissimi fili fluttuavano alzati da grappoli di palloncini e si illuminavano fiocamente, portando le persone alle stelle. E se di notte ci sono le stelle, di giorno si formano le nuvole. Le nuvole sono per Antonello Ghezzi una metafora che parla di leggerezza, di speranza e di un altrove immaginifico. Un’intera parete espone, dunque, le nuvole che gli artisti hanno realizzato esplorando supporti diversi, dalla carta, allo specchio, al marmo. Rafforza questo concetto la Scala per andare a prendere le nuvole, fatta di legno almeno nella sua parte più terrena, ma che presto si tramuta in inchiostro blu, fino a raggiungere una nuvola dello stesso colore. A fare da ponte per la terza sala è una grande installazione posta davanti alla porta di accesso, al centro della sala: Alla Luna è un tapis roulant che all’inizio del suo percorso aveva sul suo display la cifra 384.400 Km, ovvero la distanza che separa l’uomo dalla Luna. Solo mettendo insieme i passi di tutti, in una missione collettiva, si potrà raggiungerla.

La terza sala è dedicata all’Iperuranio. Già da lontano, nelle altre stanze, si vedeva un grande cielo stellato. L’opera, intitolata 27 06 1980 20:59, proviene dal Museo per la Memoria di Ustica e riproduce la mappa esatta di come erano le stelle nel giorno della tragedia. In alto nella sala è appeso un grande semaforo che emette luce blu. Uscito da una favola di Gianni Rodari, il semaforo dà il Via libera per volare. Domina lo spazio un’altana tutta blu sopra alla quale è posto uno scrittoio e la sua sedia. Si tratta dell'installazione Al di sopra del rumore di fondo ed è un luogo estrapolato da una fiaba inventata dagli artisti per Villa Rospigliosi di Prato, dove un tempo vivevano dei pirati artisti. L’ultima opera che si vede uscendo dalla sala è un’installazione realizzata a partire da una fotografia della NASA, esposta al CAMeC grazie alla disponibilità di Fabio Gori e Virginia Fabrizi, che offre una possibile chiave di interpretazione dell’intera mostra. Un paesaggio al tramonto piuttosto buio, nel quale è possibile tuttavia scorgere un puntino luminoso. Il titolo, Autoritratto, rivela l’intento e il senso dell’immagine: la Terra vista da Marte, ovvero gli uomini visti solo da un po’ più lontano.

Nel bagno al piano zero del Centro vi è traccia di Toilet Project, progetto che inaugurò la collaborazione tra Nadia Antonello e Paolo Ghezzi, interessati ad invadere garbatamente i bagni delle fiere d’arte e giocare con umorismo su una domanda che qualche volta gli artisti si pongono: Cosa è arte?

Costeggia il lungo corridoio all’esterno delle sale l’opera Stringere lo spazio di me e te: innumerevoli sculture di ceramica sono appese e creano uno sciame scintillante di forme e colori. Ogni forma è stata creata grazie a due persone che si sono strette la mano intorno ad un pezzo di argilla. I visitatori potranno prendere parte a questa performance dando vita ad una pietra preziosa che rivelerà l’invisibile.

 In uno spazio per sua natura sopraelevato, l’interpiano che porta alle terrazze del Museo, c’è uno strano scrittoio. È composto da uno specchio con la scritta Scrivimi e da un piano sul quale è poggiato tutto l’occorrente per scrivere ed inviare lettere d’amore: la carta, la busta, la penna e il francobollo. Con Scrivimi, non resta che abbandonarsi ad un po’ di romanticismo.

Sulla terrazza del CAMeC è allestita l’ultima installazione del duo: La sedia del giudice, che richiama la tipica seduta sopraelevata utilizzata dall’arbitro di tennis, se non fosse che i posti a sedere sono due anziché uno. L’opera si è prestata in passato a diverse performance che hanno coinvolto il pubblico in dibattiti e riflessioni filosofiche, indagando le (almeno) due verità che sempre ci sono. «Al culmine di questa mostra, operazione già di per sé nata da due artisti e non da uno solo – spiegano Nadia Antonello e Paolo Ghezzi – l’opera ci invita forse a ritornare con la mente al nostro viaggio, considerando di nuovo l’altro da noi, dove la relazione umana ci ha accompagnati e presi per mano per volare sempre più in alto, mai da soli, sempre con qualcuno o qualcosa che restituiva il nostro sguardo».







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