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Tuesday, September 9, 2025

PANORAMA POZZUOLI- MOSTRA DIFFUSA

Dal 10 al 14 settembre 2025, Pozzuoli accoglie la quinta edizione di Panorama, la mostra diffusa ideata da ITALICS che ogni anno sceglie di radicarsi in un territorio unico.

Con la curatela di Chiara Parisi, direttrice del Centre Pompidou-Metz, dopo Procida, Monopoli, L’Aquila e il Monferrato, il progetto approda nella città campana all’interno dei Campi Flegrei, in un territorio dove arte, mito e paesaggio formano da sempre un sistema indivisibile.

Panorama Pozzuoli è realizzata grazie alla collaborazione e al sostegno della Regione Campania e di Scabec.

 

Panorama Pozzuoli si articola come una promenade ininterrotta in un paesaggio stratificato: una narrazione a cielo aperto attraversata da una tensione mitologica che prende forma nel tema della divinizzazione. Non si tratta di un concetto astratto, ma di un’eredità geologica e culturale inscritta nei luoghi stessi. Qui, dove i vulcani modellano il paesaggio e il bradisismo ne scandisce il respiro, il mito si è trasformato in geografia e la visione del divino si è depositata nel quotidiano.

 

Pozzuoli (Puteoli, “i piccoli pozzi”) nasce dal fuoco e dall’acqua. Affacciata sul Tirreno e rivolta verso le isole di Ischia, Procida e Vivara, è un crocevia naturale e simbolico del Mediterraneo, città unica nel suo genere e gemma nel Golfo di Napoli. Tra il Rione Terra – cuore della città e al tempo stesso promontorio, rovina e centro identitario che custodisce nel sottosuolo uno dei percorsi archeologici più emozionanti del Mediterraneo – e la Solfatara – con i suoi vapori sulfurei e la sua attività tellurica – si dispiega un territorio in cui bellezza e tremore convivono. Si tratta di una costellazione di luoghi mitici: Cuma, prima colonia greca d’Occidente, con l’antro della Sibilla; il parco di Baia, città romana scomparsa nel mare; o ancora il Lago d’Averno, creduto l’ingresso dell’Oltretomba. Pozzuoli è anche il teatro del martirio di San Gennaro che, secondo la tradizione, fu decapitato alla Solfatara, dando origine a uno dei culti più longevi e complessi del Mezzogiorno. La memoria di questo evento si intreccia con la grande pittura barocca nelle straordinarie opere di Artemisia Gentileschi conservate nel Museo Diocesano, dove il genio dell’artista seppe tradurre passioni, violenze e rivendicazioni del proprio tempo.

Tra terra e mare, storia e miracoli, Panorama Pozzuoli propone un attraversamento del paesaggio come esperienza estetica e conoscitiva, in cui le opere si confrontano con l’eco degli dèi e dei vulcani, delle rovine e delle rivoluzioni.

 

La promenade inizia dall’Anfiteatro Flavio, tra i più grandi costruiti durante l’Impero Romano, un’architettura monumentale della gloria imperiale, oggi patrimonio vivente nel senso più profondo e romantico del termine. Si prosegue con il giardino terrazzato del Parco pubblico di Villa Avellino e con il Cinema Sofia, simbolo della memoria urbana che porta il nome della celebre attrice italiana cresciuta poco distante. Il percorso continua nella città alta e bassa, tra spazi religiosi e civili: la Chiesa di San Raffaele Arcangelo con la sua architettura borrominiana e l’area esterna della Chiesa del Purgatorio. Si giunge così al Rione Terra, cuore pulsante di Panorama dove si concentra il percorso archeologico sotterraneo, il Duomo di San Procolo Martire, edificato su un antico tempio romano, la Chiesa di San Liborio e i locali storici restaurati che ora tornano a vivere attraverso la presenza delle opere. Tra i luoghi della mostra anche il Parco Archeologico di Cuma, città fondata nel VIII sec. a.C. e considerata una delle più antiche colonie della Magna Grecia, che in breve tempo riuscì a conquistare quasi tutta la costa campana.

 

Il progetto si estende anche a luoghi che, pur non ospitando interventi artistici, sono parte integrante di Panorama Pozzuoli. Tra questi: il Macellum/Tempio di Serapide o la Solfatara, con i suoi fenomeni vulcanici ancora attivi; l’intero territorio flegreo con il Parco sommerso di Baia; il Castello di Baia e il suo museo archeologico; il Tempio di Venere e il Tempio di Diana; il Lago d’Averno, creduto l’ingresso dell’Ade; poi il Lago Fusaro con la Casina Vanvitelliana; il Monte Nuovo, cratere nato nel 1538; e ancora la Piscina Mirabilis a Bacoli, grande cisterna romana, importantissima per completare il racconto del sistema idrico e del sacro; e infine lo Stadio di Antonino Pio, presso la Foresta di Cuma, legato al culto imperiale. Sono luoghi che custodiscono una forza simbolica, paesaggistica e culturale che dialoga con il pensiero dell’arte contemporanea. In questi spazi la scelta di non intervenire diventa essa stessa un gesto curatoriale, un atto di rispetto e di ascolto. Lasciati “vuoti”, si offrono allo sguardo come soglie percettive: luoghi dove l’arte lascia spazio alla memoria. L’intero progetto si fonda su un approccio ecologico, attento al contesto e alle sue risorse: ogni intervento è pensato per dialogare con i luoghi senza sovraccaricarli, nel rispetto dei loro equilibri storici, ambientali e sociali.

 

Panorama Pozzuoli è un attraversamento fisico e simbolico dei luoghi in cui artisti e visitatori dialogano con stratificazioni storiche e geologiche, con divinità antiche e tensioni del presente. Il tema della divinizzazione non è nostalgia né celebrazione, ma un interrogativo attuale: una domanda aperta su come l’umano, il naturale e il sacro continuino a ridefinirsi nello spazio del visibile.

La mostra presenta, in più occasioni, più opere per artista, articolando veri e propri solo show diffusi nello spazio urbano e archeologico. Particolare attenzione è stata dedicata alla produzione di nuove opere e all’attivazione di contesti site-specific: molte installazioni sono state ideate in dialogo diretto con i luoghi che le accolgono, alcuni dei quali aperti per la prima volta a interventi artistici. Accanto a queste, trovano spazio opere d’arte moderna e antica, raramente esposte prima, che qui si intrecciano in modo suggestivo con il contemporaneo.

 

Tutte le città hanno simboli. Con Panorama, per un po’, Pozzuoli ne avrà uno nuovo, sospeso tra cielo e terra. Appare in alto, sulla gru che domina il Rione Terra, affacciata sul mare: Tamburino di Maurizio Cattelan è un bambino che batte il tamburo e quel suono si diffonde nello spazio, insistente, ipnotico, quasi rituale. Realizzata nel 2003, l’opera è tra quelle in cui la tensione tra innocenza e ossessione, tipica dell’artista, si fa più sottile e penetrante.

Simone Fattal presenta un lavoro struggente sulla soglia tra l’umano e l’eterno; tra visibile e invisibile, Anish Kapoor tra visibile e invisibile interroga lo sguardo e l’anima; Ugo Rondinone realizza un’opera site-specific legata alla voce delle rovine. E poi ancora, solo per citarne alcuni, Carlos Amorales, William Kentridge, Gino Marotta, Mario Merz, Wilfredo Prieto, Lawrence Weiner e dialoghi straordinari, come quello tra l’Anfiteatro e Clarissa Baldassarri oppure il vulcano e Goshka Macuga.

Anche le generazioni più giovani, rappresentate, tra gli altri, da Oliver Beer, Giusy Pirrotta, Damir Očko, Felix Shumba, trovano voce lavorando con archeologia e mito, storia e identità. Assieme alle nuove produzioni, la mostra propone confronti straordinari con capolavori di arte antica e moderna – dalle sculture romane risalenti al II secolo d.C., ai dipinti di Luca Giordano e Luigi Primo, o le opere di Matteo Bottigliero, tutti attivi tra il Seicento e Settecento – che danno forza a un percorso segnato da presenze quasi divine.

Da Jannis Kounellis, Emilio Isgrò, Marino Marini e Gianni Colombo, che hanno segnato l’arte italiana e internazionale, ai progetti iconici di Elmgreen & Dragset, Simon Starling e Michael Landy, ogni presenza costruisce una costellazione. Artisti come Sandra Vásquez de la Horra, Celia Paul, Sang A Han, Helena Hladilová, Marie Denis, Servane Mary e Rebecca Moccia portano uno sguardo potente, mentre Simon Dybbroe Møller, David Tremlett, Fabrizio Corneli, Kevin Francis Gray e Walter Moroder amplificano la forza del gesto e della materia. Il tempo si stratifica tra i dialoghi con i maestri del Seicento, Viviano Codazzi e Michelangelo Cerquozzi, Giovanni Peruzzini, così come nella poesia di Maria Grazia Rosin o nel cinema visionario di Yuri Ancarani. Jan Vercruysse e Bram Demunter offrono una dimensione enigmatica e politica, capace di aprire varchi interiori.

Ogni artista coinvolto dialoga con il proprio tempo e chi lo abita, con sguardo lucido, consapevole, a tratti ironico, generando cortocircuiti fertili tra passato e presente.

 

Come in un ecosistema, l’esperienza artistica si espande oltre la dimensione espositiva, generando occasioni di incontro, ascolto e partecipazione.

Accompagnano il pubblico nel percorso di Panorama gli speakers’ corners, ispirati alla tradizione oratoria degli spazi liberi di parola, nati a Hyde Park a Londra. Adattati al contesto del progetto, diventano postazioni mobili in cui voci diverse, artisti, filosofi, poeti, attivisti, studiosi locali prendono la parola nello spazio pubblico. Non conferenze né lezioni, ma brevi interventi pensati per attivare il pensiero e il confronto, innescando una dimensione orale, politica e collettiva.

 

La manifestazione dialoga con il territorio anche attraverso una costellazione di frasi tratte dall’Eneide, disseminate in vari punti della città. Come un gesto di graffiti writing mitologico, queste parole antiche compaiono nei vicoli e negli spazi inattesi, portando la voce di Enea nel paesaggio urbano.

Ispirate allo spirito diretto e talvolta irriverente delle scritte di strada, queste frasi mescolano memoria classica e immaginario popolare, trasformando Pozzuoli in una mappa di visioni e segnali da decifrare, una costellazione flegrea geopoetica.

 

Tra i momenti più attesi della manifestazione, le colazioni con gli artisti – realizzate in collaborazione con la Fondazione Morra Greco di Napoli – offrono uno spazio informale di dialogo tra pubblico e autori nei bar della città. In parallelo, il progetto coinvolge scuole, associazioni e realtà del territorio impegnate anche nell’inclusione sociale, attraverso attività di mediazione e percorsi di avvicinamento sensibile all’arte contemporanea, con i giovani provenienti dai progetti di reinserimento destinati a ragazzi degli istituti di pena minorile di Nisida e dal carcere femminile di Pozzuoli che Puteoli Sacra ha attivato e segue da anni.

 

Tra le iniziative speciali torna l’Italics d’Oro, il riconoscimento che ogni anno celebra l’intenso legame tra un artista e il territorio. Quest’anno il premio viene assegnato a Tomaso Binga (Salerno, 1931) nome d’arte di Bianca Pucciarelli Menna, figura centrale della poesia visiva e della sperimentazione verbo-visiva in Italia. Da sempre impegnata nella riflessione sui linguaggi e sull’identità di genere, l’artista ha costruito un legame profondo con la Campania, dove ha vissuto e lavorato a lungo, contribuendo in modo significativo alla vita culturale e artistica del territorio. Il premio sarà consegnato nei giorni della manifestazione, alla presenza dell’artista.

Accanto a questo momento simbolico, la manifestazione si apre anche a gesti più diffusi e ironici, ne sono esempio le borse e le t-shirt disegnate da Maurizio Cattelan che circoleranno per la città come piccoli trofei da indossare, portando l’arte nello spazio pubblico e nel quotidiano.

 

Animata dalla volontà di instaurare collaborazioni con i musei napoletani, come la Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee – museo Madre, la Fondazione Morra Greco, Napoli, il Museo e Real Bosco di Capodimonte e le realtà del territorio, come il suggestivo Parco Archeologico dei Campi Flegrei e Puteoli Sacra, e con il coinvolgimento delle gallerie della rete ITALICS, Panorama Pozzuoli dà vita a un racconto corale che attraversa le epoche, restituendo al pubblico un’esperienza immersiva e partecipativa, in grado di trasformare la città.

 

Panorama Pozzuoli vede il patrocinio dell’UNESCO e della Città di Pozzuoli .



 

Tuesday, July 29, 2025

AGUANTE

 La Fondazione Pastificio Cerere di Roma, in partenariato con MUNTREF - Museos de la Universidad Nacional de Tres de Febrero di Buenos Aires, annuncia che il progetto AGUANTE dell’artista Giovanni de Cataldo, presentato dalle due istituzioni alla quattordicesima edizione dell’Italian Councilè stato selezionato tra i vincitori dei finanziamenti previsti dal programma promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, che destina fondi a progetti culturali di produzione, promozione e sostegno all’arte contemporanea all’estero.

Giovanni de Cataldo (Roma, 1990) ha intrapreso gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, per poi proseguire la sua formazione in scultura presso la Scuola d’Arte e dei Mestieri Nicola Zabaglia. Dal 2014 ha il proprio studio all’interno del Pastificio Cerere nel quartiere di San Lorenzo, dove ha sviluppato e consolidato il suo linguaggio immerso nel crocevia di artisti e idee che caratterizzano l’ex-fabbrica dagli anni settanta in poi. Q

uesta eredità è stata raccolta e amplificata dalla Fondazione Pastificio Cerere che dalla sua istituzione (2004) è impegnata a promuovere la ricerca e la sperimentazione dei giovani artisti. La possibilità di partecipare al programma Italian Council rappresenta un passaggio significativo nel percorso professionale di de Cataldo ed è in piena continuità con gli obiettivi della Fondazione, quale occasione strategica di valorizzazione del lavoro dell’artista sia sul piano nazionale che internazionale.

La ricerca artistica di Giovanni de Cataldo si concentra sul contesto urbano, da cui preleva elementi in maniera diretta, per poi rielaborarli attraverso vari linguaggi, tra cui le nuove tecnologie applicate alla scultura. Estrapolando direttamente dalla strada oggetti d’uso comune come guard rail danneggiati nei crash test, panchine, fontanelle, l’artista esplora i limiti e le potenzialità della materia. Negli ultimi anni il focus del lavoro di de Cataldo si è ampliato, rivolgendosi all'analisi dei contesti sociologici e antropologici in cui nascono e si sviluppano le sottoculture come quella degli ultras, ma anche i diversi linguaggi che popolano le città.

AGUANTE vedrà la sua realizzazione tra il 2025 e il 2027, articolandosi in una serie di eventi nazionali ed internazionali che culmineranno nell’agosto 2027 con l’acquisizione delle opere da parte della collezione del Museo di Palazzo Collicola a Spoleto.

Tra gli appuntamenti in programma, sono previste due mostre personali dell’artista: a Buenos Aires al MUNTREF – Centro de Arte Contemporáneo, parte dei Museos de la Universidad Nacional de Tres de Febrero, (marzo-aprile 2027) e a Roma alla Fondazione Pastificio Cerere, a cura di Marcello Smarrelli (maggio-luglio 2027).

Il progetto si avvale di una rete internazionale di partner culturali: Universidad Iberoamericana (Città del Messico); Salotto/Accurat, centro culturale italo-americano con sede a New York; Alberdi Residencia, hub creativo e residenza artistica a Córdoba (Argentina); SOMA, piattaforma per l’educazione artistica fondata da artisti a Città del Messico; Blueproject Foundation, fondazione d’arte contemporanea con base a Barcellona attiva su scala europea. Ciascuna realtà contribuirà alla valorizzazione e alla diffusione internazionale del progetto attraverso attività espositive, residenze, incontri e programmi educativi.

AGUANTE indaga le connessioni tra il tifo calcistico sudamericano e il fenomeno delle migrazioni riguardanti l’Italia, a partire dalla parola che dà il titolo al progetto, “aguante”, traslata nel XIX sec. dal linguaggio marinaresco a quello delle hinchadas (tifoserie popolari nate in Argentina negli anni Sessanta), che rappresenta un simbolo di identità collettiva, appartenenza, capacità di resistenza, lealtà ai colori e alla bandiera, in ogni luogo e in ogni condizione, soprattutto di fronte alla fatica, alla fame, alla sete, allo scontro e alla sconfitta.

L’indagine di de Cataldo - articolata tra stadi, archivi, club calcistici fondati da migranti italiani e non solo - porterà alla luce microstorie, sincretismi culturali e lingue miste, rivelando legami tra calcio, memoria e comunità, partendo da Buenos Aires ed estendendosi in altre regioni dell’Argentina, da Córdoba fino a Santiago del Cile e Río Negro, con particolare attenzione alle tifoserie nate nelle comunità di immigrati italiani.

Balcon Bandera, 2024, balcony assemblement, 175 x 90 x 17 cm , Futbolitis, Buenos Aires

Brescia - Modena 1984, 2023, legno, vernice, arazzo, 300 X 233, arazzo (212 X 140), Frammenti da Lontano 2023, Galleria Mazzoli

Castellammare, 2019 , wood, laser cut on mdf wood, glass breaker hammer, 230 x 150 x 150

Estranei alla massa #2, 2024, tapestry, steel railings, 220 x 195 cm, Futbolitis, Buenos Aires

Gaviscon, 2018, varnished crashed guardrail, 245x60x35

Gianni, 2018, marmo, cm 30 x 30 x 8

Hueso, 2024, bronze casting, 27 x 8 cm , Futbolitis, Buenos Aires

Low Rider, 2018, installation view, nm contemporary, Monaco

Set Point, 2017, felt on crashed guardrail , 530 x 130 cm, La sostanza agitata 2023, Palazzo Collicola Spoleto

The old den, 2020, painted wrought iron, cm 120 x 30

Via degli Ausoni, 2018, lasercut on aluminium, varnish, 150 x 230 x 50 cm

Yoshi, 2018, guardrail verniciato, cm 31 x 178 x 14


Friday, July 11, 2025

LIGHT AND FIGHT Luce e lotta nelle opere di Zehra Dogan

 Dal 12 luglio al 30 settembre 2025 la Fondazione MACC – Museo d’Arte Contemporanea di Calasetta presenta Light and fight – Luce e lotta nelle opere di Zehra Doğan, prima mostra personale in un’istituzione sarda dell’artista, giornalista e attivista curda, una delle voci più potenti dell’arte contemporanea internazionale. Con il suo lavoro, Doğan ha trasformato la prigione in laboratorio di memoria, la clandestinità in spazio di espressione, la vulnerabilità in linguaggio politico e poetico.

La mostra – presentata da Efisio Carbone, Direttore Onorario della Fondazione MACC, e curata dalla Vice Direttrice Valentina Lixi – nasce dalla sinergia con la Prometeo Gallery di Milano, da sempre impegnata a dare voce agli sguardi radicali e necessari del nostro tempo, ed è realizzata grazie al sostegno della Fondazione di Sardegna.

 

Light and fight è il racconto di una resistenza che si esprime attraverso immagini, parole e segni che non arretrano davanti alla violenza e alla repressione. Calasetta accoglie la voce inconfondibile di Doğan in un atto di alleanza tra un’isola di confine, sospesa tra Africa, Mediterraneo ed Europa, e una donna che da sempre vive ai margini dei confini imposti: geografici, politici, identitari, di genere.

Condannata per aver condiviso sui social disegni che documentavano la devastazione di Nusaybin durante il coprifuoco e le operazioni militari nel distretto di Mardin, Zehra Doğan ha saputo trasformare la privazione in potenza creativa e la censura in strumento di testimonianza. La reclusione e la clandestinità non hanno mai spento la sua voce: al contrario, sono diventate il luogo e il tempo in cui l’urgenza espressiva si è fatta ancora più necessaria, più radicale.

 

In mostra, dipinti, installazioni, fotografie e video raccontano questa forza, opere nate dall’uso sovversivo e poetico di materiali improvvisati e di fortuna: lenzuola, asciugamani, federe, carta di giornale, caffè, tè, buccia di melograno, cenere di sigaretta, sangue mestruale, capelli, piume. Ogni frammento, ogni traccia raccolta tra le mura della cella o nel cortile del carcere, veniva trasformato in linguaggio: un linguaggio capace di sfidare il silenzio imposto, di restituire dignità al vissuto delle detenute, di tramandare un racconto che altrimenti sarebbe stato cancellato.

Questi elementi, spesso raccolti grazie alla complicità e alla solidarietà delle compagne di prigionia, diventavano strumenti di una resistenza collettiva, veicolo di un messaggio che si faceva comunitario pur nella costrizione individuale. Le opere, create nella clandestinità di un gesto nascosto, venivano celate sotto i letti, tra le pieghe dei vestiti, nei panni sporchi destinati all’esterno, per sfuggire ai controlli e raggiungere il mondo libero. Ognuna di esse racchiude la memoria di un atto coraggioso e solidale, e testimonia come l’arte possa diventare strumento di lotta e memoria anche nei luoghi più bui della storia.

Presentare il lavoro di Zehra Doğan significa avvicinarsi a un percorso segnato da esperienze personali che, attraverso la sua voce, assumono un valore collettivo e universale. In questo dialogo tra biografia e storia, tra gesto individuale e responsabilità condivisa, l’opera di Doğan invita a cogliere le connessioni tra luoghi, esperienze e istanze comuni.













Friday, June 20, 2025

ARTE SELLA | Marzia Migliora

 Borgo Valsugana, Sabato 21 giugno 2025, Arte Sella inaugura Lotta per l’esistenza, mostra personale di Marzia Migliora che si sviluppa tra Villa Strobele e Malga Costa. Il progetto espositivo, a cura di Lorenzo Fusi, è composto da tre gruppi di opere realizzate in dialogo con il paesaggio della Val di Sella.

 

La mostra, come rivela il titolo, prende ispirazione dal concetto centrale nel trattato di Charles Darwin L'Origine delle Specie, in cui lo studioso afferma che la sopravvivenza delle specie dipende dalla loro forza e adattabilità. Oggi che questa visione agonistica è messa in discussione, la riflessione contemporanea evidenzia il mutualismo, l’interdipendenza e la co-evoluzione ambientale, e la sopravvivenza viene vista come un processo che coinvolge tutte le forme di vita, interconnesse in un sistema complesso. 

 

Questa interconnessione viene interpretata da Marzia Migliora in opere che raccontano un mondo sempre più ibrido e fluido, tradotto in una dimensione ironica, sognante e talvolta perturbante, esplorando il rapporto tra natura, azione umana e trasformazione ecologica e interrogandosi poeticamente sulle forze che stanno ridisegnando la Natura in un’epoca segnata da instabilità climatica e crisi ambientale.

La natura, qui, non è solo sfondo, ma la protagonista, parte attiva di un racconto in cui esseri umani e non umani sono legati da relazioni di interdipendenza, in un ecosistema che cambia, in un paesaggio condiviso dove ogni forma di vita prende parte alla costante lotta per l’esistenza. Questo progetto espositivo segna l’inizio di una collaborazione tra Marzia Migliora e Arte Sella che culminerà con la riapertura del percorso montano di collegamento tra Malga Costa e Villa Strobele, in fase di recupero dopo la tempesta Vaia nel 2018 e che tornerà presto a essere nuovamente accessibile.

 

In occasione di Lotta per l’esistenza è stato riaperto come sede espositiva anche l’edificio dell’ex stalla che accoglierà gli appuntamenti con l’arte, la danza, il design, la musica e il teatro, grazie alla consolidata collaborazione con Levico Acque.

 

Accompagna la mostra una pubblicazione bilingue (italiano e inglese) a cura di Lorenzo Fusi, edita da Dario Cimorelli Editore.

 

In concomitanza con la mostra ad Arte Sella, la Fondazione Antonio Dalle Nogare a Bolzano dedica un ciclo di proiezioni dal titolo “It takes two” a cura di Eva Brioschi, sulla relazione tra gli artisti e il pubblico. Marzia Migliora è rappresentata dalla Galleria Lia Rumma Milano/Napoli. 











Thursday, June 12, 2025

ALFRED EISENSTAEDT - CAMERA TORINO

Conosciuto soprattutto per la celeberrima fotografia V-J Day in Times Square, in cui un marinaio bacia un’infermiera in mezzo a una folla festante a New York al termine della Seconda Guerra Mondiale, Alfred Eisenstaedt è il protagonista dal 13 giugno al 21 settembre di una grande mostra negli spazi di CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia di Torino.

Un’esposizione inedita - a trent’anni dalla morte del fotografo e a venticinque dall’ultima mostra in Italia - capace di riportarne alla luce il talento poliedrico e in continua evoluzione, ripercorrendo la sua carriera come fotografo per la rivista Life” e la sua capacità unica di raccontare il mondo con sguardo ironico e poetico.

La prima mostra italiana, dopo venticinque anni,

di un grande reporter tutto da scoprire

 

170 fotografie, dai primi scatti in Europa ai servizi per “Life” negli Stati Uniti, fino ai reportage realizzati in Italia dell’autore del famoso Bacio a Times Square

 

13 giugno - 21 settembre 2025

Alfred Eisenstaedt, Vittoria sul Giappone. New York City, 14 agosto 1945 © Alfred Eisenstaedt The LIFE Picture Collection  Shutterstock

Alfred Eisenstaedt, Circo. Europa, anni Trenta © Alfred Eisenstaedt  The LIFE Picture Collection  Shutterstock

Alfred Eisenstaedt, Bagnante indossa una giacca di pelliccia. Miami Beach, Florida, 1940 © Alfred Eisenstaedt  The LIFE Picture Collection  Shutterstock

Alfred Eisenstaedt, Il fisico americano J. Robert Oppenheimer. Princeton, New Jersey, 1947 © Alfred Eisenstaedt  The LIFE Picture Collection  Shutterstock

Alfred Eisenstaedt, Albert Einstein. Princeton, New Jersey, 1947 © Alfred Eisenstaedt  The LIFE Picture Collection  Shutterstock


Alfred Eisenstaedt, Università del Michigan. Ann Arbor, Michigan, 1951 © Alfred Eisenstaedt  The LIFE Picture Collection  Shutterstock
Alfred Eisenstaedt, Marilyn Monroe, Hollywood, California, 1953 © Alfred Eisenstaedt   The LIFE Picture Collection  Shutterstock

23_Alfred Eisenstaedt, Fiori di cosmos all'angolo di Beetlebung. Martha's Vineyard, Massachusetts, 1960 © Alfred Eisenstaedt _ The LIFE Picture Collection _ Shutterstock

Alfred Eisenstaedt, Sophia Loren. Roma 1961 © Alfred Eisenstaedt  The LIFE Picture Collection  Shutterstock

Alfred Eisenstaedt, L'inventore Hugo Gernsback con un prototipo di videocchiali. New York, 1963 © Alfred Eisenstaedt  The LIFE Picture Collection  Shutterstock



Monday, June 9, 2025

Wangechi Mutu - Poemi della terra nera

  Roma- Dal 10 giugno al 14 settembre 2025, la Galleria Borghese ospita, per la prima volta nella residenza del Cardinal Scipione, una mostra dell'artista keniota e americana Wangechi Mutu, dal titolo Poemi della terra nera, a cura di Cloé Perrone. Il progetto, che muove anch’esso, come la mostra recentemente conclusa sul poeta barocco Giovan Battista Marino, dall’interesse del museo nei confronti della poesia, è concepito come un intervento site-specific che si sviluppa nelle sale interne del museo, sulla facciata e nei Giardini Segreti, sfida la tradizione classica, attraversando sospensioni, forme frammentate e nuove mitologie immaginate, e crea un dialogo multistrato tra il linguaggio contemporaneo dell'artista e l’autorità antica.

Il titolo evoca il profondo significato della pratica duplice di Mutuintrecciata tra poesia e mitologie, ma profondamente ancorata ai contesti sociali e materiali contemporanei. La "terra nera", ricca e malleabile sotto la pioggia, quasi come argilla, appare in molteplici geografie, inclusi i Giardini Segreti della Galleria Borghese, che offrono un punto di risonanza con l'immaginario dell'artista. Da questa terra, le sculture sembrano emergere, come modellate da una forza primordiale, dando vita a storie, miti, ricordi e poesie. La metafora sottolinea la forza generativa e trasformativa del suo lavoro: radicato nella materialità ma aperto a molteplici interpretazioni future.

 L'intervento di Wangechi Mutu introduce un vocabolario inedito nell'architettura storica e simbolica della Galleria Borghese. Attraverso la scultura, l'installazione e l'immagine in movimento, l'artista propone un approccio innovativo allo spazio museale, che sfida la gerarchia, la permanenza e il significato fisso. Le sue opere interrogano il peso visivo e l'autorità della collezione, adottando strategie di sospensione, fluidità e frammentazione. In tal modo il museo non si presenta come un semplice contenitore statico di oggetti, ma come un organismo vivo, in continua trasformazione, plasmato dalla perdita, dall'adattamento e dalla riconfigurazione.








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