Thursday, June 30, 2022

MARC JACOBS - F/W 2022-23 READY TO WEAR






 

Wednesday, June 29, 2022

Wild Life Wild Heat

In occasione di Pitti Immagine Filati 91 (Firenze, Fortezza da Basso, 29 giugno - 1 luglio 2022), rassegna internazionale dedicata ai filati per maglieria, la Fondazione Pitti Discovery e il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci presentano Wild Life Wild Heat, un progetto inedito di Maurizio Vetrugno, a cura di Camilla Mozzato. L’opera è allestita al Piano Terra del Padiglione Centrale, nella Hall Principale, dove resterà in visione per tutta la durata del salone. 
 “La Fondazione Discovery lavora da oltre vent’anni sulle aree di confronto e di innesco reciproco tra moda e arte contemporanea - dice Lapo Cianchi, segretario generale di Fondazione Discovery - e inoltre siamo convinti sostenitori delle collaborazioni tra istituzioni culturali, soprattutto quando nascono spontaneamente. Questa collaborazione ha origine da una semplice cortesia di vicinato, che però, dopo soli dieci minuti di chiacchierata con il nuovo direttore del Centro Pecci, Stefano Collicelli Cagol, ha prodotto il desiderio e il bisogno di un progetto comune dedicato proprio a Pitti Filati, che è una fiera affatto speciale. Per il nostro Gruppo, perché il suo oggetto – i filati - è il primo anello della catena della moda e nel salone sono rappresentate le migliori produzioni a livello mondiale. Per Prato, distretto industriale e artigianale di fondamentale importanza in questo settore. E infine per una variegata classe creativa internazionale: da chi fa ricerca e curatela su materia, colori e punti agli uffici stile delle più importanti case di moda (e di altri settori manifatturieri), dai sociologi dell’evoluzione dello stile ai responsabili della comunicazione. Così, quando ci è stato proposto di coinvolgere Maurizio Vetrugno, la scelta ci è sembrata perfetta e ci siamo subito messi a lavorare per fargli trovare il contesto più adatto”. 
 “Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci sin dai suoi inizi ha avuto una vocazione interdisciplinare, promuovendo l’incontro tra le arti in un territorio ricco di eccellenze sia a livello culturale che imprenditoriale”, afferma Stefano Collicelli Cagol, direttore generale del Centro Pecci. “Questa dimensione, unica in Italia, sarà sempre più sviluppata nelle future attività della Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana, di cui il Centro Pecci è espressione. Strategica sarà la sinergia con altre istituzioni del territorio che operano in diversi settori tra i quali le immagini in movimento, il teatro, la musica, la letteratura e la moda. Poter collaborare insieme a Fondazione Pitti Discovery in occasione di una manifestazione come Pitti Filati – centrale per lo sviluppo della moda in Italia e nel mondo e per il distretto di Prato – testimonia il successo delle progettualità quando il territorio si fa rete. L’artista Maurizio Vetrugno è stato scelto per la sua capacità di muoversi tra i diversi linguaggi artistici attraverso una pratica concettuale che non rinuncia alla dimensione estetica e dunque alla sollecitazione dei sensi. Nessuno meglio di Vetrugno può interpretare il reale attraverso le sue tele e gli oggetti che compongono le sue collezioni, svelando le connessioni tra gli immaginari che attraversano la cultura pop, l’artigianato, la moda, che nel contesto unico offerto da Pitti Filati saranno ancora più esaltate.” Le pratiche di Maurizio Vetrugno (Torino, 1957) partono dalla selezione di singoli elementi – oggetti, immagini, segni, opere - riconosciuti per la loro bellezza e successivamente rielaborati dall'artista secondo un'estetica contemporanea. Prodotto in occasione di Pitti Immagine Filati 91, il progetto Wild Life Wild Heat, 2022 a cura di Camilla Mozzato, curatrice del Centro Pecci, evoca esempi di teatri del sociale, in particolare nella rassegna delle maschere: le presenze nella libreria surrealista di André Breton, metamorfosi di materie e spiriti; il pulsare attivo della Factory di Andy Warhol e il suo prolungarsi per decenni sulla scena disco di New York; Le Theatre de la Mode di Christian Bèrard. O ancora La Mode au Congo di Man Ray, che faceva indossare alle sue mannequins du monde, come Consuelo de Saint-Exupéry e Meret Oppenheim, copricapi e monili africani testimoniando – se mai ce ne fosse stato bisogno – il gusto sofisticato dell’arte africana e il perdurare della sua influenza nella controversa affermazione del modernismo internazionale. Rispetto a Man Ray, le opere di Wild Life Wild Heat prendono una direzione simmetrica ma rovesciata, portando soggetti noti e meno noti nel contesto cerimoniale e rituale del teatro di Bali. Le maschere di questo palcoscenico sociale sono icone celebri del pop o ribelli esemplari, modelle d’eccezione, profeti inascoltati, dadaisti della prima ora o figure di semplice e pura vanità.












Tuesday, June 21, 2022

Sean Scully - A Wound in a Dance with Love

MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna presents A Wound in a Dance with Love, a large retrospective of Sean Scully (Dublin, 1945), an artist among the leading exponents of contemporary abstract painting, which will be visible in the Sala delle Ciminiere from June 22nd to October 9th, 2022. The exhibition, curated by Lorenzo Balbi with Dublin's Kerlin Gallery as the main partner, is based on the show Sean Scully: Passenger - A Retrospective, curated by Dávid Fehér and organized by the Museum of Fine Arts - Hungarian National Gallery, Budapest (October 14th - May 30th, 2021), later hosted by the Benaki Museum in Athens. It arrives in Bologna in a renewed version, specifically designed for the MAMbo. 26 years later, the artist is again the protagonist of a solo exhibition in Bologna: in 1996, it was the Galleria d'Arte Moderna, from whom the MAMbo is derived, which dedicated an exhibition to him in its premises of Villa delle Rose. The exhibition in Bologna, with 68 exhibited works (oil paintings, acrylics, watercolors, drawings and a monumental sculpture), aims at highlighting the continuous dialogue between these two essential components of the artist’s work, by retracing over 50 years of creative experience. From the first figurative experiments in the '60s and the minimalist works in the '70s, to the current work, A Wound in a Dance with Love documents the most important developments of a practice which is always consistent with its assumptions but is also capable of changing significantly over time, in relation with emotional experiences and existential evolutions, affections and sorrows. 
 In the opening room two monumental paintings on aluminium face each other: What Makes Us Too (2017) and Uninsideout (2018 - 2020), works which bring together, in a well-studied contrast, several recurring elements of Scully’s works: the tripartite division, the use of stripes as opposed to orthogonal schemes and monochromatic elements, the use of "insets" and the alternation between colored areas and others in black and white. In the central aisle of the Sala delle Ciminiere, the exhibition path starts with Fort # 1 (1978), a rigorous synthesis of landscape suggestions and the former Backcloth, painted in 1970, a year in which Scully is already determined enough to embrace abstractionism. With Backcloth the artist explores to its extreme limits the possibility to use the grid as the only composition module, with a dense set of overlaps, and trying to approach Jackson Pollock’s dripping through a fierce use of the typical schemes by Piet Mondrian. In Crossover Painting # 1 (1974), visible in the same room, the compositional texture becomes more relaxed, while the chromatic texture appears more refined, in a precise counterpoint between bold colors and delicate shades. 
 The Sala delle Ciminiere, thanks to its massive volumes, provides the ideal location for the sculpture Opulent Ascension (2019), previously shown in the Church of San Giorgio Maggiore in Venice on the occasion of the 58° Venice Art Biennale, a monumental example of the most recent transposition on a three-dimensional scale of the artist’s intuitions. It's the artist himself who said: "I made Opulent Ascension out of Felt. Felt being a material that is PRESSED into existence, and not woven out of a line. MERET Oppenheim, took a cup and saucer, and covered them with animal fur, which meant they became useless. So then were they Art? A fur covered cup and saucer has to be an Art work, because it’s strange, and because I have been thinking about it, for decades. Is the skin of something, any creature, any thing, so overwhelming, that it defines what it is? So that everything inside, becomes subservient to what is on the outside. I love this question. Because I can never answer it" (Sean Scully, New York, March 9th, 2020). On the sides of Opulent Ascension, we find several works with a clear landscape inspiration from the series Landline, among which are those, lively and cheerful, dedicated to Scully’s second son Oisín: Oisín Green (2016) and Oisín Sea Green (2016), in addition to the tryptic Arles Nacht Vincent (2015), an homage to Vincent van Gogh and, on the background, Black Square (2020), inspired by Kazimir Malevič. 
 The Bather (1983), which refers to a painting by Henry Matisse, evoked intuitively with a joyous palette and a vibrant light is visible in the side wing of the central space. With this painting, Scully starts the reconciliation between the research by Matisse himself, Piet Mondrian and Mark Rothko, who are regarded as some of the sources of inspiration for his painting. Mariana (1991) presents the typical "insets" made up of canvases painted with contrasting motives, and physically recessed into the body of the painting, whereas Long Light (1998), already belonging to the MAMbo's Permanent Collection, is a proof of the reflections on light which introduce the next works of the cycle Wall of Light, inspired by the careful observation of the bright mutations on the walls, seen and photographed in Mexico first and then in several parts of the world: represented here by two particularly intense works, Wall of Light White Tundra (2009), a loan from the Galleria d’Arte Moderna di Torino, and Wall Light Zacatecas (2010). This section of the exhibition includes other more recent works, each of them characterized by a particular distinctive mark. Here we can see also another work which draws explicit inspiration from Vincent van Gogh - Vincent (2002), whereas Empty Heart (1987) recalls one of the most dramatic periods in the life of the artist, hit by the death of his nineteen-year-old first-born son Paul. 
 Finally, a last space is reserved to the most recent and significant turning point in Scully's work, the return to figurative painting, on which the artist had briefly worked in his early days. The paintings of the series Madonna, made between 2018 and 2019, depict the artist’s wife and son as they play with sand and bring to light a topic which has always been dear to Scully, that is the mother with her child. Actually, this topic still underlies the same “insets” which are so recurring in his work and that appear again, by aligning with a permanent self-reflective practice, in the painting which closes the exhibition itinerary: Figure Abstract and Vice Versa (2019), a diptych where the figure of Oisín playing on the right is counterweighted by a panel divided in horizontal stripes on the left, whereas a harmonious interplay of joints, where a piece of each canvas fits with the other one, offers the key to interpretation of a painting which keeps to facts by focusing on the exploration of its own essential means. 
 June 22nd - October 9th, 2022












Friday, June 17, 2022

Rä di Martino - Play It Again

Firenze - Dal 18 giugno e fino al 2 ottobre 2022 il Forte Belvedere ospita le mostre Play It Again, la personale di Rä di Martino, un progetto di Museo Novecento a cura di Sergio Risaliti. Le opere di Rä di Martino sono abitate dai personaggi della cultura pop che sembrano riemergere da angoli della nostra memoria che pensavamo sepolti. Si riaffacciano, in maniera quasi casuale, sotto forma di caricature di loro stressi in bilico tra il grottesco e il pietoso, dando vita a questa sorta di archeologia del ricordo della cultura di massa. Questi personaggi, quasi “eroi” della nostra infanzia vengono catapultati in ambientazioni atemporali o senza storia o ancora in contesti totalmente differenti, frutto di un ironico citazionismo cinematografico. Entra così in gioco l’elemento disturbante, o meglio, destabilizzante, che dopo un'iniziale attrazione disorienta il fruitore. Le citazioni cinematografiche e hollywoodiane non si limitano alle scenografie o ambientazioni, ma si traducono anche nelle tecniche di ripresa o di illuminazione utilizzate. Hollywood è per l’artista una continua fonte di ispirazione, per la visione consumistica delle grandi produzioni cinematografiche che contagiano la società che ne fruisce, richiamando le idee della pop art di Andy Warhol. Da sempre influenzata dal dispositivo filmico, l’arte di Rä di Martino sembra tradurre in una sorta di kitsch elementi più raffinati dedotti dall’ambiente cinematografico, come per esempio le colonne sonore d’autore, senza però mai scadere nel vero e proprio cattivo gusto, ma anzi mutandolo in qualcosa di ricercato e concettuale. È proprio la musica un altro punto fondamentale dell’arte di Rä di Martino, che riesce a disorientare l’osservatore. L’effetto straniante è uno dei tratti distintivi dell’opera dell’artista italiana, ottenuto anche con un utilizzo improprio e imperfetto degli effetti speciali. È un’arte che inganna e incanta quella di Rä di Martino, lasciandoci perdere nei meandri della nostra memoria frammentaria, avvicinandoci ad alcuni riferimenti e poi depistandoci attraverso altri. La mostra Play It Again si snoda su due piani all’interno della palazzina del Forte Belvedere. Nelle ampie e suggestive sale al piano basso del bastione vengono presentati quattro video, di cui tre sono stati scelti tra quelli realizzati dall’artista a partire dal 2014, mentre The Laughing Dice è stato realizzato negli ultimi mesi per essere presentato in questa sede. Il video presenta un’inquadratura fissa, in cui si alternano una serie di dadi tirati su uno sfondo grigio – all’interno di una stanza disegnata in 3D monocroma e vuota. I dadi presentano su ogni facciata il viso di un uomo (l’attore Lino Musella) e, ad ogni facciata, è assegnata un’emozione diversa: in una ride, in una piange, in una fissa accigliato. Con il primo dado il rapporto si sviluppa interamente tra la faccia del dado e lo spettatore. L’attore guardando in camera stabilisce un contatto diretto con l’osservatore, in modo da farlo sentire intimamente coinvolto dalle emozioni rispecchiate nel volto e nelle espressioni dell’attore, sorta di alter ego. Al succedersi dei dadi, aumentano le facce in gioco e dunque si moltiplicano le emozioni che intervengono anche tra i dadi stessi. Si crea un gioco del destino che coinvolge la narrazione interna al video e la nostra esistenza, la nostra biografia. Come in una palla di vetro riconosciamo le nostre emozioni e sentimenti in uno scambio riflessivo continuo e intrecciato tra le tante possibilità messe a disposizione dal gioco della vita, di cui noi siamo attori attivi e passivi ad un tempo. Il suono è semplice e ripetitivo, un tic toc sordo, che scandisce il tempo lentamente e ogni tanto un fischio lontano si unisce al lancio dei dadi e alle smorfie. Il secondo piano della Palazzina è occupato da una sola grande installazione, costruita attraverso una combinazione inedita composta da una serie di opere realizzate nel recente passato, che qui si strutturano in un nuovo paesaggio dando vita a una nuova narrazione. Lo spettatore si trova immerso in uno scenario di guerra totale, tra terra e cielo, tra realtà e finzione, dove carrarmati reali e costruiti con il legno transitano per le città del mondo o sembrano occupare lo spazio extraterrestre, in una sorta di performance infantile e un po’ carnevalesca. L’artista trasforma la guerra in un gioco, guarda agli eventi del mondo con ironia, trasformando uno scenario di paura e di angoscia, in una specie di messa in scena ludica e gioiosa. Pannelli bianchi, porta fondali e stativi, di quelli che si usano solitamente negli studi fotografici e cinematografici, creano uno spettrale, metafisico gioco di luci e riflessi creando un ambiente che in cui si confondono la realtà e il mondo virtuale. A terra una serie di palle di cannone e piccole sfere sembra depositare ai nostri piedi una costellazione, un universo che sembra coinvolto nel grande gioco della guerra, anzi nel conflitto qui presentato come categoria dello spirito e cosmologica. Play It Again, come recita il titolo, è la messa in scena di conflitti reali e fantastici, perché tutto ciò che esiste - gli esseri umani gli dei o il cosmo - esiste attraverso conflitti e contrasti, guerre e scontri tra opposti, una disputa continua di elementi e concetti che appare allo stesso tempo bilanciata, armoniosa e persino bellissima.










Thursday, June 16, 2022

CORRADO CAGLI - Artista Copernicano

Firenze - Dal 17 giugno al 20 ottobre 2022 il Museo Novecento ospita Corrado Cagli. Artista Copernicano, una mostra a cura di Eva Francioli, Francesca Neri e Stefania Rispoli. 
La mostra rende omaggio alla continua sperimentazione artistico-teorica di Corrado Cagli (Ancona 1910 - Roma 1976), uno degli artisti più interessanti del Novecento italiano, a cavallo tra la prima e la seconda a metà del secolo. Pittore e disegnatore ma anche scenografo, scultore e creatore di arazzi, Cagli è presente nella collezione del Museo Novecento con una serie di dipinti, alcune sculture e numerose grafiche, donati alla città di Firenze dall’artista e dai suoi eredi a qualche anno di distanza dall’alluvione del 1966, in risposta all’appello lanciato da Carlo Ludovico Ragghianti per sostenere la nascita di un Museo Internazionale di Arte Contemporanea che risarcisse la città della ferita inferta da quel tragico avvenimento. Il percorso di mostra presenta una selezione di opere che ripercorrono in senso cronologico alcuni snodi importanti della parabola creativa di Corrado Cagli, a partire dalla selezione di opere degli anni Trenta quando, parallelamente alle prove di pittura murale, Cagli rielaborò la lezione della Scuola romana e sperimentò le tecniche tradizionali del mosaico e dell’encausto. Seguono le opere della maturità, successive al suo esilio in Francia e poi negli Stati Uniti, dove a soli 28 anni fu costretto a trasferirsi a causa delle sue origini ebraiche e dell’inasprirsi delle politiche del Regime fascista. Questi lavori risentono dell’interesse verso le ricerche internazionali ed evidenziano come ancora negli anni Cinquanta e Sessanta l’artista non rinunciasse a perseguire una personale ricerca sulla tecnica oltre che sullo stile, tra astrazione e figurazione. Si prosegue quindi con i dipinti su carta, i cartoni per arazzi e la produzione grafica a cui l’artista si dedicò soprattutto sul finire della sua attività. Cagli interpretava l’arte come una ricerca continua, come rivela la sua poliedrica attività, difficile da categorizzare e spesso oggetto di critiche e fraintendimenti, soprattutto negli anni del secondo dopoguerra, profondamente segnati da battaglie di carattere ideologico. Il titolo della mostra intende evidenziare proprio l’estrema versatilità dell’artista, richiamando una definizione coniata da Carlo Ludovico Ragghianti in occasione della grande antologica tenuta nel 1972 a Firenze in Palazzo Strozzi. Il critico definì infatti Cagli ‘artista copernicano’, volendo sottolineare l’impeto visionario e rivoluzionario che animò la sua produzione artistica e teorica.

Corrado Cagli. Artista Copernicano, Installation view della mostra, Museo Novecento Firenze.

Ph. credits Leonardo Morfini, ADRYA. Courtesy of Museo Novecento.




Boscaioli, 1932

Mirko suona il flauto, 1937

Sette pennelli, 1934


Agostino, 1962

Le Razze, 1937



Da Cummings, 1964

Monday, June 13, 2022

SCHEMA 50 UNA GALLERIA FRA LE NEO-AVANGUARDIE (1972-1994)

Con l’esposizione di un’ampia selezione di opere originali e documenti d'archivio dall’11 giugno al 9 ottobre 2022 il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato ricorda il 50° anniversario della fondazione di Galleria Schema (1972 - 1994) – spazio di ricerca delle neoavanguardie nazionali e internazionali a Firenze – di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita del suo fondatore, l'artista Alberto Moretti (Carmignano, Prato, 1922 - 2012). Si tratta della prima mostra museale – a cura di Stefano Pezzato con Raul Dominguez e Desdemona Ventroni - dedicata all'attività sperimentale di Galleria Schema e all'opera concettuale e antropologica di Alberto Moretti: un progetto naturalmente conseguente alle recenti esposizioni dedicate all’architettura radicale, di cui Schema è stata una delle casse di risonanza italiane nei primi anni Settanta, che si collega d'altra parte alle figure di Mario Mariotti, poliedrico artista fiorentino più volte attivo nella galleria, e di Lara-Vinca Masini, critica attenta a esperienze artistiche indipendenti come quella di Schema, oltreché amica e sodale di Moretti per oltre mezzo secolo, di cui il Centro custodisce entrambi gli archivi.







Wednesday, June 8, 2022

CHANEL COLLECTION METIERS D'ART 2022

La sfilata Chanel Metiers d'Art quest'anno ha sfilato a Firenze.
Dopo il debutto a le19M, la Replica della sfilata alla Stazione Leopolda  riafferma il legame tra Chanel e l'Italia in un decoro di camelie e bottoni gioiello oversize, omaggio alle eccellenze dell'artigianato Chanel. La collezione sottolinea un'eleganza moderna e metropolitana e celebra il savoir-faire delle ricamatrici Lesage e Atelier Montex, dell'orefice Goossens, del cappellaio Maison Michel, delle piume Lemarié, della pilissettatrice Lognon e del calzolaio Massaro, sotto l'impulso della e direttrice artistica Virginie Viard.













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