Wednesday, January 15, 2025

Patrick Mimran Art Billboard Project

 Immaginatevi fermi al semaforo dell’attraversamento pedonale di Piazza XXV Aprile a Milano, tra la fine di Corso Como e Via Garibaldi, in un giorno qualsiasi, da oggi alla fine di gennaio. Sul grande ledwall che ospita a rotazione immagini pubblicitarie di grandi brand della moda e del design internazionale, compare all’improvviso, nera su fondo bianco, una frase: Art is still not where you think you’re going to find it (L’arte non è ancora dove pensi di trovarla).

 

Stai osservando uno dei passaggi da 15 secondi che, su quel cartellone pubblicitario digitale, compongono l’edizione milanese dell’Art Billboard Project dell’artista multimediale francese Patrick Mimran (Parigi, 1956). Fino al 31 gennaio 2025, infatti, ogni giorno dalle 7.00 alle 23.00 il ledwall ospiterà gli aforismi dell’artista 480 volte per un totale di 120 minuti giornalieri.

 

L’Art Billboard Project nasce più di vent’anni fa a New York quando il quartiere di Chelsea divenne l'epicentro del mondo dell'arte con l’apertura di molte importanti gallerie internazionali.

Patrick Mimran sceglie proprio questo contesto per cominciare a esprimere le sue opinioni sull'arte, affittando cartelloni pubblicitari nel cuore del quartiere – tra la 22 e la 23 strada - pensati per mettere in discussione le certezze di quel mondo.

 

L’Art Billboard Project offre all’artista l'opportunità di spiegare in modo semplice e diretto quali sono i suoi pensieri e prospettive riguardo l'Arte. Tutto il progetto è, di fatto, un'opera d'arte a sé che mette in luce prospettive in diretta opposizione o controverse riguardo allo stato degli artisti e del mondo dell'arte in generale.

 

Quasi subito il progetto si è allargato, arrivando in paesi come, tra gli altri, Giappone, Francia e Italia. Con questi cartelloni Mimran coinvolge le persone in conversazioni su argomenti a cui non sono abituate, in contesti urbani in cui non si aspettano di trovarle.

 

Per questa edizione italiana del progetto l’artista ha scelto Piazza XXV Aprile nel cuore della zona che maggiormente si è sviluppata negli ultimi anni e che desta più interesse a diversi livelli, commerciale, turistico, culturale. L’area della piazza, recentemente riqualificata, tra Corso Garibaldi, Corso Como, Piazza Gae Aulenti, è caratterizzata da un continuo brulicare di persone a tutte le ore, cui contribuisce anche la vicina Stazione Garibaldi: il grande ledwall di 90 metri quadrati, scelto per ospitare il suo progetto, è infatti visto ogni giorno da circa 180.000 persone.

 

“Questo nuovo progetto a Milano ha suscitato la mia curiosità perché era la prima volta che lavoravo con pannelli LED. – Dice Patrick Mimran – Grazie a questa tecnologia riesco a creare un ulteriore effetto sorpresa, incorporando i miei aforismi tra diversi messaggi pubblicitari. Il brusco cambiamento di argomento, infatti, è doppiamente intrigante perché da un lato, l'attenzione prestata agli spot Ã¨ aumentata dal cambio di soggetto, mentre la visualizzazione degli aforismi a intervalli regolari incoraggia lo spettatore a rimanere più a lungo per osservare quello successivo. Un approccio da cui traggono vantaggio sia l’inserzionista che l’artista, e che aggiunge valore a entrambi i messaggi.”

 

Nato a Parigi nel 1956, Patrick Mimran Ã¨ un artista pluridisciplinare. Dagli anni Ottanta ha realizzato opere e installazioni utilizzando quasi tutti i mezzi e i supporti possibili, spaziando dalla fotografia alla tecnologia, dalla musica alla multimedialità.


Ogni giorno il maxi ledwall che affaccia su uno dei principali snodi del centro storico di Milano

ospita gli aforismi dell’artista francese

16-31 gennaio

Piazza XXV Aprile-Milano











Monday, January 13, 2025

TRIBUTO A OLIVIERO TOSCANI

 Oliviero Toscani è morto oggi all'età di 82 anni, per l'aggravarsi delle sue condizioni, da un paio d'anni soffriva di amiloidosi. Fotografo dalle intuizioni geniali e dalla carica provocatoria. Arriva ad una notorietà mondiale attraverso foto choc, ma anche messaggi sociali dal linguaggio universale. Figlio di un reporter del Corriere della Sera, studia fotografia alla prestigiosissima Kunstewerkschule di Zurigo. Da subito lavora per le maggiori testate di moda internazionali. Collabora con Vogue e si distingue per il suo stile diretto e essenziale a metà tra la verità della foto di reportage e la finzione della fotografia di moda. Determinante la forza creativa delle sue campagne pubblicitarie, Nell'82 comincia il suo sodalizio con Luciano Benetton. Responsabile del cambiamento del marchio da Benetton a United Colors of Benetton, ha avuto in questa azienda totale libertà sulle immagini e sulla comunicazione dal forte impatto sociale. Dal razzismo all' aids, dal bacio tra un prete e una suora, dai volti dei condannati a morte al corpo di una donna consumata dall'anoressia, tutte le sue campagne hanno lasciato il segno. Sempre con Benetton, in una villa del '600 della campagna trevigiana, ristrutturata dall'architetto Tadao Ando, fonda Fabbrica, bottega d'arte, laboratorio in cui crescere nuovi talenti creativi.  I lavori di Toscani sono stati esposti in molte parti del mondo, A fine settembre è riuscito a visitare la sua mostra Photography and Provocation al Museum für Gestaltung, una delle ultime apparizioni pubbliche.



















Friday, December 20, 2024

Christian Fogarolli. Corpo eterico

  I Musei Civici d’Arte Antica del Settore Musei Civici Bologna  accolgono nelle sale del Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini Corpo eterico, mostra personale di Christian Fogarolli (Trento, 1983), realizzata in collaborazione con Galerie Mazzoli (Modena/Berlino) | Galerie Alberta Pane (Parigi/Venezia) | Casati (Bologna) e con il supporto di Giovanni Pasqualini.


Visibile dal 21 dicembre 2024 al 16 febbraio 2025, il progetto espositivo rientra nel programma istituzionale di ART CITY Bologna 2025, il programma di mostre, eventi e iniziative promosso dal Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere in occasione di Arte Fiera

Christian Fogarolli ha concepito un progetto espositivo che riflette sulle caratteristiche intellettuali ed emotive dell’individuo in relazione al proprio contesto sociale e culturale; nel caso specifico, la vita quotidiana di cui la cosiddetta “arte industriale” e le altre testimonianze custodite presso il Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini sono la più viva espressione.

A cura di Pier Paolo Pancotto, il progetto si compone di un nucleo di opere per lo più inedite o create per l’occasione che, sotto forma di un’unica, grande installazione multisensoriale, in un gioco di assonanze visive e semantiche, si distribuiscono nelle sale espositive 3, 4, 5, 6 e 7, dialogando con i dipinti, le sculture e la varia tipologia di manufatti che costituiscono il ricco patrimonio del Museo Civico d’Arte Industriale e Galleria Davia Bargellini. Si tratta di nove prove plastiche (in vetro, marmo, cera, metallo…), grafiche, fotografiche, luminose, sonore ed olfattive diverse per tecnica e tipologia ma unite tra loro da una comune fonte di ispirazione: l’istituzione museale e la sua raccolta.

Il loro allestimento si integra a quello esistente compiendone un’originale rilettura, capace di mettere in evidenza aspetti particolari, talvolta, inediti o del tutto inattesi, dei materiali che lo compongono. Così, ad esempio, le sculture in vetro Evidence US7 (2021), Tribute to Théodore Géricault (2024) e Thermal Shock (2020) trasformano, con la loro presenza, alcune sale in una sorta di gabinetti scientifici, incentrati sull’analisi visiva e semantica del concetto di identità e della sua raffigurazione. Come pure un’installazione luminosa, una olfattiva ed una sonora mutano del tutto la percezione di altri ambienti pur mantenendone l’assetto originario. In tal modo Fogarolli procede nella sua personale ricerca sul tema dell’individuo, traendo spunto, ancora una volta (forse anche ispirato dai suoi studi in campo archeologico e del restauro), da un contesto fortemente caratterizzato sotto il profilo storico e documentario.

Le opere, poste in dialogo con quelle del museo, danno luogo a delle micro-narrazioni visive ed intellettuali ove le analogie iconografiche e iconologiche si alternano ai contrasti, la fantasia alla realtà, la poesia all’ironia.


Tribute to Theodore Gericault

Blue Monday

Corpo eterico

In Blooom

Thermal Shock


Sunday, December 15, 2024

INFORMALLY SPEAKING. Una grammatica universale

 La Galleria Open Art di Prato presenta, dal 14 dicembre 2024 al 1 marzo 2025Informally Speaking. Una grammatica universale, esposizione che presenta uno spaccato delle esperienze informali italiane ed internazionali, attraverso un arco temporale che abbraccia oltre mezzo secolo di storia, dagli anni Cinquanta del Novecento fino ai primi decenni del nuovo millennio.


La mostra, che sarà inaugurata sabato 14 dicembre alle ore 17.30, è accompagnata da una monografia (Edizioni Masso delle Fate, 2024) curata da Mauro Stefanini con un testo critico di Maria Letizia Paiato.

Senza pretendere di coprire tutta la complessità del movimento, Informally Speaking si concentra su opere e personalità che riflettono le inquietudini dell'epoca, mettendo in evidenza anche la dimensione globale di una produzione che unisce esperienze culturali variegate.

Il percorso espositivo si sviluppa negli spazi della galleria con opere di Renata Boero, Alberto Burri, Rafael Canogar, Jean Dubuffet, Walter Fusi, Osvaldo Licini, Paolo Scheggi, Toti Scialoja, Norman Bluhm, James Brooks, Sam Francis, John Hultberg, Paul Jenkins, Conrad Marca-Relli, John Ferren, John Grillo, Roberto Matta, Fernando de Szyszlo, Ben Nicholson, Edouard Pignon, Gerard Ernest Schneider, Leopold Survage, Silvano Bozzolini, Eugenio Carmi, Achille Perilli, Bruno Querci, Elio Marchegiani, Mauro Reggiani, Jiří Kolář, Jacob Hashimoto.

Attraverso i dipinti esposti - scrive Maria Letizia Paiato - sarà possibile percepire «quell'invisibile linea fluida capace di restituire la complessità, ma anche l'unità di un panorama di esperienze internazionali. [...] Trentuno nomi di caratura internazionale che fanno di Informally Speaking la mostra, fra quelle organizzate in spazi privati, più ricca e completa di questi ultimi anni».

14 dicembre 2024- 1 marzo 2025
Paul Jenkins- Phenomena Sight Unseen by Day, 2003 acrilico

Walter Fusi - Composizione,1962 olio su tela

Conrad Marca Relli I L 1 83, 1983 collage e tecnica mista

Fernando de Szyszlo - Composicione, 1954 acrilico su tela

Norman Bluhm - Untitled,1967 olio su tela


Saturday, December 14, 2024

In una brezza leggera. Conversation Piece | Part X

Roma - La Fondazione Memmo presenta, dal 14 dicembre 2024 al 30 marzo 2025, In una brezza leggera, decimo capitolo di Conversation Piece, ciclo di mostre con cadenza annuale a cura di Marcello Smarrelli, nato con l’intento di restituire una panoramica degli artisti italiani e stranieri che scelgono Roma come luogo di residenza e di ricerca.

Per questa nuova edizione sono stati invitati: Bianca Bondi (1986, Sudafrica. Pensionnaire 2024-2025 presso Accademia di Francia a Roma – Villa Medici); Enzo Cucchi (1949, Italia) con un’opera collettiva realizzata insieme ad Andrea Anastasio, Francesco Arena, Marc Bauer, Elisabetta Benassi, Carlo Benvenuto, Domenico Mangano; Sidival Fila (1962, Brasile), Vanessa Garwood (1982, Regno Unito), Richard Mosse (1980, Irlanda. Philip Guston Rome Prize 2024-2025 presso American Academy in Rome).

Anche per il decimo capitolo, come di consueto, agli artisti è stato proposto un tema di carattere universale ma, al tempo stesso, legato alla città di Roma e alla sua storia millenaria.             

In una brezza leggera prende le mosse da un elemento atmosferico caratteristico e identitario della Capitale: il Ponentino, un vento estivo e leggero che arriva dal mare, così popolare da essere cantato negli stornelli romaneschi, amato da autori come Fellini che lo voleva protagonista del suo film Roma, complice reale o immaginario di tante storie d’amore.    

Tratto dal racconto biblico in cui il profeta Elia incontra Dio in una brezza leggera, il titolo fa riferimento alla creazione dell’uomo, plasmato nella polvere e animato da un alito divino, alla mitologia greca con la personificazione di Zèfiro, alla filosofia attraverso lo pneuma considerato origine di tutte le cose.

Una domanda aleggia potentemente su questa mostra: le opere d’arte hanno un’anima?       

L’anima è un “soffio”, un Ã nemos, un vento leggero che sopravvive alla morte fisica del corpo. Le opere d’arte, allo stesso modo, sopravvivono al tempo, diventando la testimonianza di un processo spirituale e metafisico, di una koinè culturale trasmessa alle generazioni future.    

Molti filosofi e antropologi contemporanei affermano che un nuovo animismo si sta facendo strada in Occidente, con un allargamento del concetto di anima oltre i confini della specie umana, fino a comprendere il non umano. L’arte è certamente la sfera in cui il fenomeno si manifesta con evidenza, nell’attitudine sempre più diffusa di considerare le opere non tanto come oggetti quanto come soggetti.

Attraverso un percorso di opere site-specific o esposte per la prima volta a Romala mostra usa la metafora del vento declinandola attraverso i più svariati aspetti: il soffio vitale, la presenza dello spirito negli esseri viventi e nelle cose, il manifestarsi dell’anima e del divino.

Scirocca, la scultura realizzata nel 2005 da Enzo Cucchi con Andrea Anastasio, Francesco Arena, Marc Bauer, Elisabetta Benassi, Carlo Benvenuto, Domenico Mangano, è il totem che introduce il visitatore in questo singolare percorso espositivo. Realizzata in marmi di diverso colore e altri materiali eterogenei, tra cui il fumo, l’opera deve il suo nome al vento caldo del borgo marinaro delle Marche dove è stata concepita. Un ibrido curioso, nato da un gioco proposto da Cucchi ad un gruppo di amici artisti, per realizzare un cadavre exquise scultoreo alla maniera di quelli disegnati dei surrealisti. 

La pratica artistica di Bianca Bondi prevede l’attivazione o l’elevazione di oggetti banali attraverso l’uso di reazioni chimiche. I materiali con cui lavora sono scelti per il loro potenziale trasformativo o per le loro proprietà intrinseche, sottolineando l’interconnessione delle cose nel mondo, la loro transitorietà e rivelando i cicli della vita e della morte. Attraverso questo processo l’artista conferisce agli oggetti inanimati una rinnovata essenza vitale, influenzata da una forza invisibile che ne guida la trasformazione. Per la mostra ha realizzato Pneuma (2024), un’installazione ambientale site-specific composta da diversi contenitori in vetro, di altezze variabili, riempiti con liquidi salini saturi e sovrastati da bouquet di fiori selvatici artificiali e rami, insieme ad alcune corde decorate con prismi, parti di lampadari e frammenti di oggetti di epoca romana. Nel tempo di durata della mostra l'acqua, a causa del processo di risalita, cristallizzerà sulle corde diventando la rappresentazione immaginaria del respiro dei fiori sospesi nello spazio.

Frate minore francescano, Sidival Fila fonda la propria ricerca artistica sul riutilizzo di materiali dismessi, principalmente tessuti antichi quali lino, cotone, seta, canapa e broccato. Alla base di questa pratica risiede l’idea di liberare l’oggetto dalla sua condizione “materiale” per conferirgli una nuova potenzialità espressiva. Sottraendo funzionalità al tessuto, l’artista restituisce piena “voce” all’anima di materiali e oggetti, dando a ciascuna opera la possibilità di raccontare del suo passato fatto di secoli di storia e di memorie. In mostra sono presenti un nuovo nucleo di opere, tra cui spicca Metafora Giallo 35 (2024), un polittico di grandi dimensioni realizzato con 35 elementi, disposti ad angolo sulle due pareti perimetrali della sala, che compongono un’installazione liminare tra pittura e scultura, in cui superficie e spazio dialogano tra loro. Delle antiche travi in legno (1650 c.) rivestite di un damasco bianco risalente al XIX secolo, sono assemblate e cucite insieme a formare due strutture primarie sospese nello spazio, evocando elementi architettonici archetipici, come il trittico dalla forma di monofora goticheggiante, realizzato con seta moiré risalente al XVIII secolo. Infine, l’opera composta di velluto in seta bianca cucita a telaio appare come una riflessione sul lavoro manuale quale pratica meditativa che sublima la materia.

Prendendo spunto dal Ponentino come complice che spira sollecitando in modo invisibile le persone, Vanessa Garwood sperimenta per la prima volta un intervento di expanded painting. La sua pratica pittorica parte dall’osservazione di donne colte in momenti intimi o quotidiani. Il suo approccio è fortemente empatico nei confronti del soggetto di cui “cattura” l’essenza personale e intangibile, realizzando immagini sospese nel tempo, ma comunque attuali. L’installazione è composta da un olio su tela allestito in uno spazio dipinto, entrambi gli interventi pittorici sono ispirati agli antichi rituali che vedevano protagonista la danza. I gruppi di figure femminili che si librano nell’aria, provenienti dalla Tomba delle Danzatrici (IV sec. a.C) rinvenuta a Ruvo (Bari), diventano portatrici di una moderna coscienza collettiva che si ricollega al passato. Immersi in questo spazio si ha la sensazione di essere sfiorati da un vento invisibile che invita ad unirsi al ritmo della danza entrando in relazione con l’energia vitale della luce e del colore

Nel suo lavoro Richard Mosse esamina la funzione delle tecnologie militari e industriali, anche dal punto di vista materiale, usando le sue riflessioni per produrre documentazioni fotografiche cariche di significato, allo scopo di decodificare i sistemi di potere invisibili all'interno delle immagini. In mostra una serie realizzata ad est della Repubblica Democratica del Congo, tra il 2010 e il 2015, in cui Mosse ha impiegato la pellicola fotografica a raggi infrarossi Kodak Aerochrome, oggi fuori produzione, originariamente destinata al targeting delle tute mimetiche dei soldati.         
La Kodak Aerochrome, progettata dall'esercito americano durante la Seconda Guerra Mondiale, ha trovato ampio uso anche nelle scienze della terra, in particolare nella mineralogia. Ogni centimetro di terra delle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, ricco di risorse, è stato mappato con questa pellicola dalle multinazionali, per cercare minerali preziosi come il coltan, il cobalto, la cassiterite e altri metalli essenziali a mantenere e sviluppare le nuove tecnologie. Un’attività di estrattivismo che è stata fonte di aspri conflitti e instabilità politica nel
la regione, provocando lo sfollamento di milioni di persone e generando immense sofferenze umane. 

Bondi-Conversation Piece 

E.Cucchi Scirocca

Jawbones on their tombstones

S.Fila_Metafora Giallo 

        

Friday, December 13, 2024

Nunzio anni ottanta dalla collezione Fabio Sargentini

 L' esposizione alla Galleria dello Scudo a Verona dal 14 dicembre 2024 al 29 marzo 2025 si concentra sul primo decennio del lavoro di Nunzio con una selezione di quindici opere degli anni ottanta dalla collezione di Fabio Sargentini. Da un lato lo scultore considerato tra i giovani più promettenti, dall’altro il gallerista che gli dedica tre personali, nel 1984, 1986 e 1988.

 

Prima mostra alla Galleria Spatia a Bolzano nel 1981 presentato da Gabriella Drudi; poi, a Roma, la collettiva alla Galleria La Salita di Gian Tomaso Liverani nel 1982, quindi la personale Undici sculture all’Attico di Fabio Sargentini nel gennaio 1984. Interprete di una ricerca sullo spazio aperta a contaminazioni con la pittura nelle immersioni tra grigi, neri, rossi e azzurri, Nunzio svela un’identità aperta a molteplici relazioni tra materiali e memoria.

Con la mostra di Nunzio, Sargentini riapre lo spazio espositivo in via del Paradiso 41, dopo la chiusura nel 1978. L’Attico, galleria entrata a pieno titolo nella storia delle avanguardie per le iniziative legate al mondo del concettuale e della performance, torna a riproporsi come punto di riferimento per tendenze più attuali, accogliendo esponenti di punta dell’ultima generazione di artisti.

 

Le opere documentano una fase creativa di grande fermento, apprezzata non solo in ambito nazionale: Ateliers nel 1984, a cura di Achille Bonito Oliva, con gli studi aperti degli artisti attivi nell’ex Pastificio Cerere nel quartiere San Lorenzo a Roma; le personali da Annina Nosei a New York nel 1985 e 1987; l’invito nel 1986 alla VI Biennale di Sydney e alla XLII Biennale di Venezia nella sezione Aperto ’86 dove vince il Premio 2000 come miglior giovane artista; la presenza in rassegne a Parigi, Chicago, Berlino, San Paolo del Brasile, Istanbul, solo per citarne alcune. Tutto ciò testimonia di un percorso espositivo che lo conferma, nell’arco del decennio, tra le personalità più originali nel panorama artistico italiano.

Verona, Galleria dello Scudo

14 dicembre 2024 - 29 marzo 2025







Thursday, December 12, 2024

LANTERN WITH NO WALLS

 

Fondazione In Between Art Film presenta la mostra collettiva Lantern With No Walls (Lanterna senza pareti), un evento espositivo concepito in risposta al suggestivo paesaggio delle Alpi Bernesi che circondano il villaggio di Gstaad in Svizzera.

 

Per la prima volta, la Fondazione presenta una selezione di opere della propria collezione, esclusivamente incentrata sulle numerose declinazioni delle immagini in movimento nel campo dell’arte contemporanea, includendo oltre 130 film d’artista, video installazioni e opere monocanali.

 

Attraverso la scelta di sei opere video di artisti internazionali come Saodat Ismailova (1981, Uzbekistan), Masbedo (Nicolò Massazza, 1973 e Iacopo Bedogni, 1970, Italia), Adrian Paci (1969, Albania), Thao Nguyen Phan (1987, Vietnam), Janis Rafa (1984, Grecia) e Daniel Steegmann Mangrané (1977, Spagna), la mostra offre uno spaccato significativo degli orientamenti che animano la collezione della Fondazione, nata dal desiderio della sua fondatrice e presidente Beatrice Bulgari di sostenere artisti, studiosi e istituzioni impegnati nell’esplorare le potenzialità espressive delle immagini in movimento e le intersezioni tra differenti discipline artistiche. Le sei opere sono poste in dialogo tra loro all’interno di una scenografia commissionata allo studio interdisciplinare 2050+, fondato da Ippolito Pestellini Laparelli.

 

Al centro della narrazione di ciascuna opera in mostra si trova l’idea o l’immagine di un paesaggio – sia esso un frammento di montagna, di campagna, di fiume o di foresta – abitato da forme di vita simboliche o mondane, umane e non, calate nel presente o emergenti dagli orizzonti della storia. In ciascuna opera il paesaggio, reale o immaginato, è attraversato dai protagonisti, esplorato, contemplato e trasceso, in una sequenza di scenari all’interno dei quali l’atto del camminare e quello di esistere nello spazio danno origine a metafore sul tempo, l’impatto umano sull’ambiente, il riverbero del passato sul presente e la vastità delle forme di vita.

 

Troviamo paesaggi reali che mutano in scenari esistenziali: dalle vastità rocciose dell’Uzbekistan nell’opera di Saodat Ismailova, alle distese ghiacciate dell’Islanda nel video di Masbedo, dalla strada montana in Albania della doppia video proiezione di Adrian Paci, alle sponde bagnate dal fiume Mekong nel film di Thao Nguyen Phan. In altre opere, la natura pare essere una costruzione umana, originata da una messa in scena come nel video di Janis Rafa o come prodotto della tecnologia, come nell’animazione generata al computer di Daniel Steegmann Mangrané.

 

Lantern With No Walls si configura come un “panorama di panorami”, un mosaico di paesaggi e scenari che sfumano l’uno nell’altro e che suggeriscono una continua osmosi tra passato e presente, umano e non umano, esistenza individuale ed esistenza collettiva. La forma simbolica della lanterna evoca la necessità di una fonte di luce che renda possibile attraversare il paesaggio, così come la vita, anche quando le nubi sembrano addensarsi all’orizzonte.

 

Dichiara Beatrice Bulgari, Fondatrice e Presidente di Fondazione In Between Art Film: “Questa nuova mostra della Fondazione riunisce opere di artisti che ammiro e che continuano a ispirarmi in un luogo che amo molto come Gstaad. La magnificenza di questo paesaggio e il silenzio e la contemplazione che esso induce in chi vi è immerso formano un contesto ideale per condividere con il pubblico opere della Collezione della Fondazione che affrontano temi importanti quasi sussurrandoli. Spero che la comunità locale e il pubblico internazionale apprezzino le visioni così intime e potenti degli artisti in mostra e l’esperienza che di queste opere abbiamo voluto orchestrare negli eleganti spazi di Tarmak22”.

 

Lantern With No Walls è un ulteriore tassello nel percorso di sperimentazione sulla relazione tra immagini in movimento e architettura che la Fondazione ha intrapreso con le mostre Penumbra (2022) e Nebula (fino al 24 novembre 2024), entrambe allestite al Complesso dell’Ospedaletto di Venezia. In ciascuno di questi casi si è voluto dare corpo alle immagini in movimento e offrire ai visitatori un’esperienza spaziale in cui suoni, immagini, materiali e interventi allestitivi concorrono a rendere percettiva e tridimensionale la visione delle opere.

 

Anche a Gstaad, quindi, lo studio interdisciplinare 2050+ è stato invitato a concepire la scenografia della mostra e a materializzare la suggestione del suo titolo nella forma di un’architettura temporanea. Attraverso l’uso di materiali semi-trasparenti e di strutture sospese che scandiscono la circolarità del pubblico tra i diversi ambienti, l’allestimento evoca l’immagine di una lanterna, uno spazio leggero e semi-luminoso, animato da ombre e suoni, vibrante di bagliori e di storie, all’interno del quale le molteplici eco delle opere formano un ambiente sonoro puntiforme e sospeso.

13 DICEMBRE 2024 – 26 GENNAIO 2025

TARMAK22, GSTAAD


 

Wednesday, December 11, 2024

DOROTHEA LANGE

 

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