Thursday, February 2, 2017

TRIENNALE MILANO
COLLEZIONE GIUSEPPE IANNACCONE

Dal 1 febbraio al 19 marzo 2017 la Triennale di Milano presenta Collezione Giuseppe Iannaccone. Italia 1920-1945. Una nuova figurazione e il racconto del sé, una mostra a cura di Alberto Salvadori e Rischa Paterlini.
Una selezione di 96 opere della collezione privata dell’Avvocato Iannaccone, che si interessa all’arte italiana concentrata tra le due guerre, catturato dalla capacità degli artisti “non allineati”, al di fuori dei canoni di Novecento e del ritorno all’ordine, di cogliere la profondità dell’animo umano in tutte le sue sfaccettature.
Il percorso espositivo si articola in nuclei tematici che raggruppano opere di artisti che hanno gravitato attorno a scuole e movimenti o che semplicemente hanno condiviso momenti ed esperienze, accomunati da affini sensibilità. Si comincia con la Scuola di via Cavour – uno dei numerosi gruppi sorti tra il 1925 e il 1945. Le opere esposte di Mario Mafai, Antonietta Raphaël e Scipione, reali promotori del gruppo romano, sono accomunate da un linguaggio in opposizione al conformismo ufficiale, un linguaggio prevalentemente espressionista che troverà presto evoluzione nella pittura tonalista di artisti come Fausto Pirandello, Renato Guttuso e Alberto Ziveri, compagni di strada degli artisti della Scuola di Via Cavour e insieme a loro protagonisti del rinnovamento pittorico tra le due guerre. Il percorso prosegue con un’opera di Tullio Garbari del 1931, che apre a una selezione di opere dei Sei di TorinoJessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio – gruppo formatosi alla fine degli anni Venti presso lo studio di pittura di Felice Casorati. Le fonti e le predilezioni visive condivise dai Sei proiettano il gruppo verso una modernità pittorica di respiro europeo, soprattutto francese, con schemi compositivi semplici ed essenziali ma dal ritmo chiaro e vivace, anti-monumentale e intimista, che prendono definitivamente le distanze dalla retorica dell’arte di regime. Le stesse istanze post-impressioniste sostenute dai Sei di Torino vengono abbracciate anche dai Chiaristi lombardi, un gruppo di artisti che gravita attorno alla galleria Il Milione di Milano: Angelo Del Bon, Francesco De Rocchi, Umberto Lilloni, con Adriano di Spilimbergo e, successivamente, Cristoforo De Amicis difendono una comune tendenza pittorica caratterizzata dall'uso di colori chiari, stesi in punta di pennello, giocata su gamme delicate per soggetti paesistici o per ambientazioni piccolo-borghesi e popolari, con un tratto quasi infantile. Un’intera sala dedicata alle opere di Renato Birolli è lo snodo successivo, che anticipa l’esperienza di Corrente, rivista quindicinale fondata a Milano dall’allora diciassettenne Ernesto Treccani nel gennaio del 1938, alle soglie del secondo conflitto mondiale.Corrente si oppone all'autarchia e all'isolamento nazionalista delle politiche culturali fasciste. Anche Renato Guttuso ha nel frattempo instaurato intensi rapporti con Milano, a seguito anche della collettiva di pittori siciliani ospitata sempre alla Galleria Il Milione. Tre anni più tardi il gruppo si amplia, con l’adesione di Giuseppe Migneco, Arnaldo Badodi e Italo Valenti. Dopo il 1940 si uniranno al movimento anche Bruno Cassinari, Ennio Morlotti e, qualche tempo dopo, Emilio Vedova. Nel giugno del 1940 la rivista è soppressa dalle autorità fasciste, ma Corrente continua la sua attività come spazio espositivo.
Il percorso prosegue con un focus su Filippo De Pisis. De Pisis avvia il suo percorso artistico nella nativa Ferrara, trasferitosi a Roma e poi a Parigi elabora uno stile personale e moderno, i suoi soggetti prediletti sono i fiori e le nature morte, in cui riesce a fissare, con immediatezza, le emozioni che gli trasmettono gli oggetti, anche quelli più umili e fragili. Rientrato in Italia a causa della guerra, De Pisis si stabilisce a Milano, appartengono a questo periodo i dipinti di scene intime e domestiche pervase da una arcana sensualità, le brulicanti vedute milanesi e le nature morte cariche di oscuri presagi. A chiudere la mostra l’opera del 1942 di Emilio Vedova Il Caffeuccio Veneziano, che con la sua fattura ruvida e l’atmosfera irrespirabile segna un punto di non ritorno. Il quadro esposto all’ultima edizione del Premio Bergamo, è sembrato ai giovani del gruppo di Corrente un vero e proprio detonatore anticlassico: non si poteva costruire, in piena guerra, una pittura nuova, “moderna”, se non prima distruggendo i valori di quella che era andata di moda per vent’anni.

Antonietta Raphaël
Natura morta con chitarra, 1928

Arnaldo Badodi
Soprabito su divano 1941 - L'Armadio 1938

Ernesto Treccani - Autoritratto, 1940
Francesco Menzio - Ritratto di giovane, 1929

Renato Birolli
I Poeti, 1935 - Le signorine Rossi, 1938
Giuseppe Migneco - L'uomo dal dito fasciato, 1940
Roberto Melli - La lettura, 1942

Luigi Broggini
Paesaggio romano con statua del Nettuno, 1933  - Figura al Sole 1938/39

Mario Mafai - Strada con casa rossa, 1928
Italo Valenti - Gabbiani, 1938

Nicola Galante - Paese per la cassetta (Vasto), 1929
Alberto Iveri - Il Postribolo, 1945

Ottone Rosati
I fidanzati, 1934 - All'Osteria, 1938


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