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Sunday, March 2, 2025

Bruna Esposito: giganti miniature

MUCIV

Museo delle Civiltà

presenta

 

 

Bruna Esposito

giganti miniature.

ipotesi circa il museo e note sul carnevale

 

a cura di Matteo Lucchetti e Andrea Viliani

 

16 progetti che l’artista ha concepito come Research Fellow presso il Museo in cui il mondo capovolto del Carnevale e la relazione tra grande e piccolo, visibile e invisibile, noto e ignoto, affermato e omesso diventano strumento per ipotizzare interpretazioni e esperienze alternative del museo

 

Fino al 31 agosto 2025

Nella prima sala del percorso al primo piano del Palazzo delle Arti a Tradizioni Popolari, fino al 31 agosto, l’artista Bruna Esposito (Roma, 1960), presenta l'esito della sua Research Fellowship biennale presso il Museo, condividendo 16 progetti inediti nella mostra giganti miniature. ipotesi circa il museo e note sul carnevale – a cura di Matteo Lucchetti e Andrea Viliani.

 

Non sviluppate intenzionalmente dall’artista in vere e proprie opere, Esposito affida le sue ipotesi alla riflessione ulteriore dei pubblici, concependo il suo intervento come una serie di riflessioni sul museo, le sue collezioni e le sue interpretazioni e come un invito a operare possibili ribaltamenti di prospettiva e narrazione. Ispirandosi al “mondo alla rovescia” del Carnevale, ed esaltando il ruolo che l’incertezza(simboleggiata in mostra dal simbolo della tilde) può avere nei processi conoscitivi, Esposito ha ideato così una mostra che già nel titolo – in minuscolo, ma con dimensioni più grandi del resto – mette in relazione scale ed esperienze diverse, per esempio quelle degli adulti ma anche dei bambini. A seguito delle suericerche, condotte in particolare sulle Collezioni di Preistoria e di Arti e Tradizioni Popolari (di cui alcuni esemplari sono inclusi in mostra), l’artista ha sviluppato note di lavoro e ipotesi progettuali che mettono quindi al centro della mostra i metodi, gli strumenti e il valore della ricerca in quanto tale. 



 

 

MUCIV-Museo delle Civiltà | Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari

Piazza Guglielmo Marconi 8, Roma

Sunday, January 26, 2025

MEMORABILE. IPERMODA

 La mostra Memorabile. Ipermoda mette in scena ed esplora una serie di oggetti della moda contemporanea  evidenziando alcune delle questioni che oggi la moda solleva grazie alla sua capacità di essere reattiva a ogni impulso, sia esso sociale, politico, economico, culturale. Memorabile è il desiderio di meraviglia che oggi più che mai attraversa la moda, è l’emozione per quegli abiti che sono l’architettura più prossima al nostro corpo, e il rapporto tra ordinario e straordinario.

Ipermoda ( che si riferisce agli “iperoggetti” del filosofo inglese Timothy Morton) precisa il senso  di Memorabile. Esprime la necessità della moda in tutte le sue espressioni di estendersi oltre i suoi confini, di occupare gli spazi che possono darle la massima visibilità, di essere un corpo espanso che invade gli schermi dei nostri device e si installa nella nostra immaginazione.
Memorabile. Ipermoda esplicita la capacità di rendere tanto più memorabile il modo in cui la moda e le sue forme rappresentano la contemporaneità.

MAXXI
27 NOVEMBRE - 23 MARZO 2025

Viktor&Rolf
Abito in tulle. Haute Couture S/S 2024
 
TOP:Valentino by Alessandro Michele S/S 2025- Marni by Francesco Risso S/S 2024 - Giorgio Armani PrivèF/W 2019/20
DOWN: Balenciaga by Demna Gvasaila F/W 2021/22 - Loewe by Jonathan Anderson S/S 2023 - Dior by Maria Grazia Chiuru haute couture S/S 2018

Gucci by Sabato De Sarno Ancora Notte collection 2023 - Miu Miu F7W 2023/24 - Prada By Miuccia Prada e Raf Simons F7W 2022/23 - Fendi by Kim Jones Haute Couture F/W 2021/22

TOP: Louis Vuitton by Pharrell Williams S/S24 -  Diesel by Glenn Martens f/w 22 - Bottega Veneta by Matthieu Blazy F/W 23/24
MIDDLE: Ferragamo by Maximillian Davis F/W 23/24 - Bulgari by Mary Katrantzou - Fendi by Silvia Venturini Fendi Resort 2023
DOWN: Balenciaga Trash bag Pouch by Demna Gvasalia Winter 2022 - Ikea Skulpture bag  by Virgil Abloh 2019 - JW Anderson Pigeon Bag  F/W 22/23

Bulgari by Francesco Vezzoli 2019

Top : Iris van Herpen Haute Couture 2012-13 - Bottega Venrta by Matthieau Blazy, F/W 23/24 -  Richard Quinn per Moncler Genius2020 - Dolce&Gabbana S/S 17
DOWN: Saint Laurent by Heidi Slimane F/W 16/17 - Dior by Raf Simons F/W 12/13 - Valentino by Pier Paolo Piccioli F/W 21/22 - Dilara Findikoglu S/S23 

Viktor&Rolf  S/S 2023

Thom Browne F/W 2012/13

Prada S/S 2021

Saint Laurent by Anthony Vaccarello F/W 2022/23

Thom Browne F/W 2023/24 copricapi di Stephen Jones - Loewe by Jonathan Anderson S/S22 , Schiaparellui by Daniel Roseberry Haute Couture F/W 21/22

Maison Margiela Artisanal by John Galliano F/W 17/18

Dior by Maria Grazia Chiuri F/W 19/20 Haute Couture
Sullo sfondo Louis Vuitton by Virgil Abloh F/W 21/22

Gucci by Alessandro Michele in collaborazione con Demna Gvasalia per Balenciaga F/W 21/22 - Viktor&Rolf F/W 2008/09 - Versace per Anne Hathaway  Met Gala 2023

TOP: Etro by Marco De Vincenzo F/W 23/24 - Valentino by Alessandro Michele S/S25
Ann Demeulemeester by Stefano Gallici F/W 24/25 - MSGS F/W 24/25 - Miu Miu S/S 2022

Saturday, January 25, 2025

GIANFRANCO BARUCHELLO. MONDI POSSIBILI

 Roma - Dal 25 gennaio al 3 maggio 2025 l’Accademia Nazionale dei Lincei Fondazione Baruchello presentano a Villa Farnesina a Roma la mostra Gianfranco Baruchello. Mondi possibili, a cura di Carla Subrizi.

La mostra, in un percorso che si snoda tra gli spazi interni ed esterni della Villa, propone, con una selezione di opere di Gianfranco Baruchello, un dialogo a distanza tra storia, iconografie e immaginari appartenenti a epoche differenti. Arte e storia si aprono a un confronto non soltanto tra passato e presente, ma anche tra ispirazione e creazione, possibilità e irreale.

Nelle parole della curatrice, Carla Subrizi, presidente della Fondazione Baruchello: “I mondi possibili si configurano quindi quando il tempo perde la sua articolazione: le sequenze si interrompono, il passato arriva per sorprenderci e il presente si realizza come incursione nel già stato. L’interazione tra opere non produce soltanto incontri ma forme di interrogazione tra fasi ed epoche, tra modelli della storia e conseguenze di essi: passato e presente – e non soltanto antico e contemporaneo, termini in un certo modo chiusi in sé stessi – trovano modi di dialogare inediti ed efficaci. I mondi possibili nascono mettendo in relazione esperienze, storie, memoria, per produrre corto circuiti: premessa che è stata da sempre presente nella ricerca di Baruchello”.

La storia, l’inconscio, il sogno e l’ambiente, temi tutti presenti nei cicli degli affreschi della Villa Farnesina, sono stati continuamente indagati da Baruchello e tornano in questa mostra, con otto grandi opere, attraverso una molteplicità di media differenti, tra cui la pittura, l’oggetto, l’installazione, l’immagine in movimento.

Gianfranco Baruchello con il suo lavoro radicale e indipendente, che ha attraversato sette decenni tra ventesimo e ventunesimo secolo, ha spesso affermato che tutta la sua opera sia stata il tentativo di costruire “piccoli sistemi” in grado di contrastare i grandi sistemi della storia, della politica e dell’ideologia.

Cosa avviene se un artista del ventesimo secolo, Gianfranco Baruchello, incontra Raffaello? Se la ninfa Galatea, opera di Raffaello presente negli affreschi della Loggia omonima, trova dinanzi a sé il tragitto di un fiume (Il Fiume, 1982-1983) pensato da un artista vissuto 500 anni dopo, come un percorso tortuoso, pieno di ostacoli? Se Raffaello pensa Galatea attraverso le Metamorfosi di Ovidio, Baruchello si autoritrae nel corso di un fiume, in un’opera lunga ben 15 metri, che nel suo articolarsi, scopre la difficoltà a fluire, a essere quel che dovrebbe, a causa di alterazioni degli equilibri sia naturali (ambientali, geografici, sociali) che dell’esperienza vissuta.  

Anche le altre opere della mostra dialogano con gli ambienti della Villa Farnesina. Case nomadi  e fragili  (La casa in fil di ferro, 1975, nella Sala del Fregio); monumenti a coloro che sono stati dimenticati dalla storia (Monumento ai non eroi, 1962, nella Sala delle Nozze di Alessandro Magno e Rossane); riflessioni sulla cartografia di un territorio attraverso una geografia “sensibile” (Rilievo ideale, 1965, nella Sala 5); stratificazioni sia temporali che spaziali della complessità dei cicli pittorici di Villa Farnesina colte nella misura ridotta di uno spazio non grande (Oh, Rocky Mountains Columbine, 1966, nella Saletta pompeiana); sguardi che dalla storia continuano a guardarci e a interrogarci (La storia ci guarda, 1972-2018, Sala 4); oggetti apribili che mostrano l’inconscio, la memoria e territori delle psiche ancora da esplorare (Murmur, 2015, nella Loggia di Amore e Psiche); un giardino di piante molto belle e seducenti che si rivelano essere in grado di costituire un pericolo (Giftpflanzen, Gefahr! (Piante velenose, pericolo!), 2009, nei giardini storici della Villa).


 25 gennaio – 3 maggio 2025

 Villa Farnesina










Roma, via della Lungara 230

Saturday, December 14, 2024

In una brezza leggera. Conversation Piece | Part X

Roma - La Fondazione Memmo presenta, dal 14 dicembre 2024 al 30 marzo 2025, In una brezza leggera, decimo capitolo di Conversation Piece, ciclo di mostre con cadenza annuale a cura di Marcello Smarrelli, nato con l’intento di restituire una panoramica degli artisti italiani e stranieri che scelgono Roma come luogo di residenza e di ricerca.

Per questa nuova edizione sono stati invitati: Bianca Bondi (1986, Sudafrica. Pensionnaire 2024-2025 presso Accademia di Francia a Roma – Villa Medici); Enzo Cucchi (1949, Italia) con un’opera collettiva realizzata insieme ad Andrea Anastasio, Francesco Arena, Marc Bauer, Elisabetta Benassi, Carlo Benvenuto, Domenico Mangano; Sidival Fila (1962, Brasile), Vanessa Garwood (1982, Regno Unito), Richard Mosse (1980, Irlanda. Philip Guston Rome Prize 2024-2025 presso American Academy in Rome).

Anche per il decimo capitolo, come di consueto, agli artisti è stato proposto un tema di carattere universale ma, al tempo stesso, legato alla città di Roma e alla sua storia millenaria.             

In una brezza leggera prende le mosse da un elemento atmosferico caratteristico e identitario della Capitale: il Ponentino, un vento estivo e leggero che arriva dal mare, così popolare da essere cantato negli stornelli romaneschi, amato da autori come Fellini che lo voleva protagonista del suo film Roma, complice reale o immaginario di tante storie d’amore.    

Tratto dal racconto biblico in cui il profeta Elia incontra Dio in una brezza leggera, il titolo fa riferimento alla creazione dell’uomo, plasmato nella polvere e animato da un alito divino, alla mitologia greca con la personificazione di Zèfiro, alla filosofia attraverso lo pneuma considerato origine di tutte le cose.

Una domanda aleggia potentemente su questa mostra: le opere d’arte hanno un’anima?       

L’anima è un “soffio”, un Ã nemos, un vento leggero che sopravvive alla morte fisica del corpo. Le opere d’arte, allo stesso modo, sopravvivono al tempo, diventando la testimonianza di un processo spirituale e metafisico, di una koinè culturale trasmessa alle generazioni future.    

Molti filosofi e antropologi contemporanei affermano che un nuovo animismo si sta facendo strada in Occidente, con un allargamento del concetto di anima oltre i confini della specie umana, fino a comprendere il non umano. L’arte è certamente la sfera in cui il fenomeno si manifesta con evidenza, nell’attitudine sempre più diffusa di considerare le opere non tanto come oggetti quanto come soggetti.

Attraverso un percorso di opere site-specific o esposte per la prima volta a Romala mostra usa la metafora del vento declinandola attraverso i più svariati aspetti: il soffio vitale, la presenza dello spirito negli esseri viventi e nelle cose, il manifestarsi dell’anima e del divino.

Scirocca, la scultura realizzata nel 2005 da Enzo Cucchi con Andrea Anastasio, Francesco Arena, Marc Bauer, Elisabetta Benassi, Carlo Benvenuto, Domenico Mangano, è il totem che introduce il visitatore in questo singolare percorso espositivo. Realizzata in marmi di diverso colore e altri materiali eterogenei, tra cui il fumo, l’opera deve il suo nome al vento caldo del borgo marinaro delle Marche dove è stata concepita. Un ibrido curioso, nato da un gioco proposto da Cucchi ad un gruppo di amici artisti, per realizzare un cadavre exquise scultoreo alla maniera di quelli disegnati dei surrealisti. 

La pratica artistica di Bianca Bondi prevede l’attivazione o l’elevazione di oggetti banali attraverso l’uso di reazioni chimiche. I materiali con cui lavora sono scelti per il loro potenziale trasformativo o per le loro proprietà intrinseche, sottolineando l’interconnessione delle cose nel mondo, la loro transitorietà e rivelando i cicli della vita e della morte. Attraverso questo processo l’artista conferisce agli oggetti inanimati una rinnovata essenza vitale, influenzata da una forza invisibile che ne guida la trasformazione. Per la mostra ha realizzato Pneuma (2024), un’installazione ambientale site-specific composta da diversi contenitori in vetro, di altezze variabili, riempiti con liquidi salini saturi e sovrastati da bouquet di fiori selvatici artificiali e rami, insieme ad alcune corde decorate con prismi, parti di lampadari e frammenti di oggetti di epoca romana. Nel tempo di durata della mostra l'acqua, a causa del processo di risalita, cristallizzerà sulle corde diventando la rappresentazione immaginaria del respiro dei fiori sospesi nello spazio.

Frate minore francescano, Sidival Fila fonda la propria ricerca artistica sul riutilizzo di materiali dismessi, principalmente tessuti antichi quali lino, cotone, seta, canapa e broccato. Alla base di questa pratica risiede l’idea di liberare l’oggetto dalla sua condizione “materiale” per conferirgli una nuova potenzialità espressiva. Sottraendo funzionalità al tessuto, l’artista restituisce piena “voce” all’anima di materiali e oggetti, dando a ciascuna opera la possibilità di raccontare del suo passato fatto di secoli di storia e di memorie. In mostra sono presenti un nuovo nucleo di opere, tra cui spicca Metafora Giallo 35 (2024), un polittico di grandi dimensioni realizzato con 35 elementi, disposti ad angolo sulle due pareti perimetrali della sala, che compongono un’installazione liminare tra pittura e scultura, in cui superficie e spazio dialogano tra loro. Delle antiche travi in legno (1650 c.) rivestite di un damasco bianco risalente al XIX secolo, sono assemblate e cucite insieme a formare due strutture primarie sospese nello spazio, evocando elementi architettonici archetipici, come il trittico dalla forma di monofora goticheggiante, realizzato con seta moiré risalente al XVIII secolo. Infine, l’opera composta di velluto in seta bianca cucita a telaio appare come una riflessione sul lavoro manuale quale pratica meditativa che sublima la materia.

Prendendo spunto dal Ponentino come complice che spira sollecitando in modo invisibile le persone, Vanessa Garwood sperimenta per la prima volta un intervento di expanded painting. La sua pratica pittorica parte dall’osservazione di donne colte in momenti intimi o quotidiani. Il suo approccio è fortemente empatico nei confronti del soggetto di cui “cattura” l’essenza personale e intangibile, realizzando immagini sospese nel tempo, ma comunque attuali. L’installazione è composta da un olio su tela allestito in uno spazio dipinto, entrambi gli interventi pittorici sono ispirati agli antichi rituali che vedevano protagonista la danza. I gruppi di figure femminili che si librano nell’aria, provenienti dalla Tomba delle Danzatrici (IV sec. a.C) rinvenuta a Ruvo (Bari), diventano portatrici di una moderna coscienza collettiva che si ricollega al passato. Immersi in questo spazio si ha la sensazione di essere sfiorati da un vento invisibile che invita ad unirsi al ritmo della danza entrando in relazione con l’energia vitale della luce e del colore

Nel suo lavoro Richard Mosse esamina la funzione delle tecnologie militari e industriali, anche dal punto di vista materiale, usando le sue riflessioni per produrre documentazioni fotografiche cariche di significato, allo scopo di decodificare i sistemi di potere invisibili all'interno delle immagini. In mostra una serie realizzata ad est della Repubblica Democratica del Congo, tra il 2010 e il 2015, in cui Mosse ha impiegato la pellicola fotografica a raggi infrarossi Kodak Aerochrome, oggi fuori produzione, originariamente destinata al targeting delle tute mimetiche dei soldati.         
La Kodak Aerochrome, progettata dall'esercito americano durante la Seconda Guerra Mondiale, ha trovato ampio uso anche nelle scienze della terra, in particolare nella mineralogia. Ogni centimetro di terra delle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, ricco di risorse, è stato mappato con questa pellicola dalle multinazionali, per cercare minerali preziosi come il coltan, il cobalto, la cassiterite e altri metalli essenziali a mantenere e sviluppare le nuove tecnologie. Un’attività di estrattivismo che è stata fonte di aspri conflitti e instabilità politica nel
la regione, provocando lo sfollamento di milioni di persone e generando immense sofferenze umane. 

Bondi-Conversation Piece 

E.Cucchi Scirocca

Jawbones on their tombstones

S.Fila_Metafora Giallo 

        

Friday, May 12, 2023

ARNALDO POMODORO. IL GRANDE TEATRO DELLE CIVILTÀ

FENDI inaugura all’interno della propria sede, il Palazzo della Civiltà Italiana a Roma, la mostra Arnaldo Pomodoro. Il Grande Teatro delle Civiltà, a cura di Lorenzo Respi e Andrea Viliani in collaborazione con Fondazione Arnaldo Pomodoro. 
La mostra sarà visitabile gratuitamente fino al 1° ottobre 2023. La collaborazione tra Fondazione Arnaldo Pomodoro e FENDI rientra in una partnership più ampia volta a unire il rispetto per l’eredità storica al sostegno e alla diffusione dei linguaggi artistici contemporanei e alla ricerca di nuove forme di collaborazione basate sulla sostenibilità e l’innovazione. 
 Concepita per gli spazi sia interni che esterni del Palazzo della Civiltà Italiana all’EUR – che dal 2015 ospitano la sede romana di FENDI – la mostra attraversa settant’anni di ricerca dell’artista, configurandosi come un “teatro” autobiografico, al contempo reale e mentale, storico e immaginifico, in cui vengono messe in scena circa trenta opere realizzate da Pomodoro tra la fine degli anni Cinquanta e il 2021, insieme a una serie di materiali d’archivio – fotografie, documenti, bozzetti, disegni, molti dei quali inediti – che evocano lo spirito e l’atmosfera dello studio e dell’archivio dell’artista.
 Il Grande Teatro delle Civiltà esplora l’interconnessione, nella pratica di Pomodoro, fra arti visive e arti sceniche e mette in evidenza il rapporto tra la dimensione progettuale dell’opera e la sua realizzazione. Una trama da cui emergono i possibili e molteplici riferimenti a quelle “civiltà” arcaiche, antiche, moderne, o anche solo fantastiche, a cui l’opera di Pomodoro costantemente rinvia, originando forme e materie che sono al contempo memoria del passato e visione del futuro e che rifondano le nostre conoscenze e i nostri immaginari, la nostra esperienza del tempo e dello spazio, della storia e del mito. 
 Il percorso della mostra prende avvio ai quattro angoli esterni dell’edificio dove sono poste le quattro sculture Forme del mito (1983) – Il potere (Agamennone), L’ambizione (Clitennestra), La macchina (Egisto) e La profezia (Cassandra) – tratte dalle macchine sceniche che furono realizzate per il ciclo teatrale dell’artista Emilio Isgrò, ispirato all’Orestea di Eschilo, svoltosi sui ruderi della piazza di Gibellina distrutta dal terremoto del Belice. Inserendosi come quinte tra il Palazzo, il paesaggio naturale e la comunità urbana circostante, le quattro Forme del mito ridisegnano e ri-significano l’edificio, trasformando il cosiddetto Colosseo Quadrato – una delle architetture simbolo del Modernismo e del Razionalismo italiano – in un’opera aperta, reinterpretabile e riprogettabile, e non quindi definita una volta e per sempre. 
 Nel vestibolo di ingresso del Palazzo delle Civiltà Italiana compaiono due opere-costume realizzate dall’artista per due spettacoli teatrali: il Costume di Didone (per La tragedia di Didone, regina di Cartagine di Christopher Marlowe, messa in scena a Gibellina nel 1986), e il Costume di Creonte (per Oedipus Rex di Igor’ Stravinskij, rappresentato a Siena nel 1988). Prodotti con materiali scultorei abbinati a materiali effimeri come la rafia e il tessuto, questi costumi richiamano le iconografie e la drammaturgia della Grecia arcaica così come le antiche iconografie e tecniche tradizionali delle opere d’arte africane e asiatiche, riattivando il racconto delle storie leggendarie di Didone e di Edipo. 
 La mostra continua in due sale speculari e una sala di raccordo, pensate come due atti di un’opera teatrale con un intermezzo. Negli ambienti principali troviamo due opere di colore opposto, allestite simmetricamente: Le battaglie (1995), di colore nero, e Movimento in piena aria e nel profondo (1996-1997), di colore bianco. La prima con le sue forme angolari, spigolose e taglienti e i diversi materiali utilizzati (grovigli di corde, cunei, bulloni) evoca la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, capolavoro del Rinascimento. Accanto a questa sono allestite altre due opere che approfondiscono il racconto della ricerca di Pomodoro: la Grande tavola della memoria (1959-1965), una riflessione sul bassorilievo e sulla tecnica antica della fusione sull’osso di seppia, e Il cubo (1961-1962), opera che coincide con l’avvio di una ricerca sulle forme elementari della geometria euclidea. 
Nella seconda sala l’opera Movimento in piena aria e nel profondo, composta da una duplice curva riferibile ai grandi spazi celesti e terrestri, rappresenta l’agire scultoreo come “scavo dentro la complessità delle cose” che si solidifica nella consapevolezza di poter “curvare il tempo e lo spazio”. Accanto è esposta un’opera che idealmente dona circolarità alla mostra, permettendo di ribaltare il suo finale e ripartire dal suo incipit: Continuum (2010), un grandioso rilievo interamente occupato dai segni caratteristici delle prime opere dell’artista, una sorta di “tracciato” che reca i codici e l’inventario di tutta la sua “scrittura”. 
In queste due sale, come una mostra nella mostra, sono inoltre presentati materiali progettuali e documentari, perlopiù inediti, – libri d’artista, schizzi, disegni, modellini, lettere, fotografie, cataloghi, materiali di studio dei progetti più significativi – allestiti dentro bacheche cassettiere e rastrelliere apribili e consultabili dai visitatori, in modo da richiamare l’atmosfera dello studio dell’artista e lo spirito del suo archivio. 
A fare da raccordo tra le due sale, come un intermezzo tra due atti teatrali, la Rotativa di Babilonia (1991), collocata all’esterno ma visibile dalle vetrate del Palazzo, con la sua forma circolare suggerisce l’idea di un movimento ciclico e continuo, che si compie sia nel tempo che nello spazio. Nel corridoio interno invece è esposta la serie delle Tracce (1998), composta di ventuno rilievi calcografici bianchi, neri e ruggine. 
 Il percorso si conclude sul loggiato del terzo piano con Osso di seppia (2011-2021), matrice simbolica di tutte le opere dell’artista, che ha iniziato la sua ricerca scultorea proprio incidendo l’osso di seppia, presente anche, come elemento emblematico, nell’ambiente Ingresso nel Labirinto, collocato nell’ex sede espositiva della Fondazione dell’artista a Milano, presso cui FENDI ha la sua sede milanese dal 2013. 
 Il Grande Teatro delle Civiltà è anche il punto di partenza per scoprire le altre opere di Pomodoro collocate a Roma e nel mondo, un’occasione per approfondire la conoscenza della ricerca dell’artista e il suo rapporto con la “città eterna”
12 maggio – 1° ottobre 2023






Tuesday, December 6, 2022

"L’incanto del buio. Racconto di Natale”

La nuova proposta espositiva di Tricromia ArtGallery è dedicata alle tavole di Claudia Palmarucci, tratte dal racconto di Francesca Scotti “L’incanto del buio. Racconto di Natale” edito da Orecchio Acerbo. Nella realtà, l’intesa armoniosa tra chi scrive e chi illustra. Nella finzione, un magnifico gioco d’immaginazione e sensazioni tra due piccoli amici. Un racconto autentico d’infanzia, un ritratto del legame profondo e inesauribile che due bambini si regalano a vicenda, lontano dal mondo reale e dalle lucine dell’albero. 
 Oggi è Natale. In attesa di scambiarsi i regali, Pietro e Giulia, amici da sempre, giocano a buio: il loro gioco preferito che può occupargli interi pomeriggi. Nell’oscurità della camera, al tatto, gli oggetti che hanno raccolto e poi sparso sul pavimento diventano altro nelle loro parole: una forchetta può essere a chiave di un forziere, una scarpa è forse il letto di una fata. Quando le loro mani si incontrano al buio, viene naturale per Giulia e Pietro dare un nome anche ai loro sogni reciproci: un’archeologa e un cigno sta per dire Pietro, un pilota d’aereo e un cervo, sta pensando Giulia. Qualcuno apre la porta e accende la luce. Il buio svanisce e l’incanto s’interrompe, i loro sogni tornano svelti a nascondersi, ma non spariscono, perché è nel domani la chiave per diventare realtà. 
 CLAUDIA PALMARUCCI 
Nata a Tolentino (MC) nel 1985, Claudia Palmarucci studia all’Accademia di Belle Arti di Macerata, dove ora è arrivata a insegnare. Di certo, ai grandi maestri della pittura Claudia guarda costantemente, e all’illustrazione dedica le sue energie e i suoi pensieri. Nel catalogo di Orecchio acerbo: “Le case degli altri bambini” di Luca Tortolini (2015), “I musicanti di Brema” dei fratelli Grimm (2012) e “La Rosa” di Ljudmila PetruÅ¡evskaja (2011) il suo album d’esordio, con il quale è stata selezionata a Illustr’arte 2011 e al prestigioso CJ Picture Book 2011. Il suo ultimo libro illustrato “Marie Curie nel paese della scienza”, su testo di Irène Cohen-Janca, ha vinto il Bologna Ragazzi Award 2020 nella sezione Non Fiction. 

 dal 6 all’11 dicembre
 Tricromia 
Via Roma Libera 10 - Roma












Wednesday, April 13, 2022

MAURIZIO PIERFRANCESCHI - PER L'ORTO

Inaugura domani la mostra personale di Maurizio Pierfranceschi. Per l’orto nella Serra Espositiva dell’Orto Botanico di Roma. L’esposizione segna l’ultimo capitolo di lungo viaggio, iniziato quasi quarant’anni fa con “L’uomo e l’albero”, il suo primo dipinto, quasi una precocissima dichiarazione di poetica, che Pierfranceschi non ha mai disatteso e che ha percorso tutto il suo lavoro con tre cardini: natura, cultura e architettura. 22 dipinti, tutti realizzati a cavallo tra il 2018 e il 2022, “pensati” appositamente per questo luogo, con un filo rosso che li accomuna, come sottolinea la botanica e docente universitaria Giulia Caneva nel catalogo, “natura, inquietudine umana e sua essenza spirituale”. Protagonisti nelle opere in mostra sono gli elementi vegetali, come le “grandi erbe”, che diventano architettura di paesaggi evocativi illuminati da una luce livida e irreale, in cui le figure umane perdono di centralità, ridimensionate in favore delle gigantesche strutture arboree: spariscono i volti, i generi, i tratti fisiognomici mentre a trasparire sono le introspezioni psicologiche degli individui, la loro dimensione intellettiva e la loro essenza spirituale. Qui e là compaiono anche angeli, entità sovrumane portatrici del messaggio divino che condividono con l’uomo fattezze e limitatezza del corpo, ma anche animali, scimmie antropomorfe.

Orto Botanico 
 Serra espositiva Roma, 
Largo Cristina di Svezia 23A – 24










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