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Tuesday, October 12, 2021

ANTONIO'S DREAM: A Journey Through Art and Textile |

Dal 10 ottobre 2021 al 31 gennaio 2022 la Fondazione Antonio Ratti presenta a Como la mostra Il sogno di Antonio: un viaggio tra arte e tessuto, a cura di Lorenzo Benedetti, Annie Ratti e Maddalena Terragni, un progetto espositivo che ricongiunge la visione e la storia dell’imprenditore Antonio Ratti ai suoi luoghi di origine, a quella città in cui la sua idea di cultura di impresa si è sviluppata, lasciando un’eredità preziosa e viva ancora oggi. Intrecciando antichi reperti tessili, opere d’arte contemporanea e materiali d’archivio l’esposizione ripercorre la vita, l’opera e la visione dell’industriale e mecenate Antonio Ratti, uno dei grandi imprenditori che nel secondo dopoguerra hanno saputo, insieme alla sua azienda Ratti S.p.A., ricostruire l’Italia industriale a partire da una profonda concezione filantropica e culturale. Terza mostra dedicata ad Antonio Ratti – dopo quella a Palazzo Te a Mantova nel 2017, e alle Terme di Diocleziano a Roma nel 2018 – Il sogno di Antonio: un viaggio tra arte e tessuto approfondisce ulteriormente la visione e la storia dell’imprenditore, ampliando il progetto e dialogando direttamente con i luoghi in cui ha vissuto e lavorato per tutta la vita. Il percorso di mostra si articola fra spazi pubblici e privati di grande interesse e la sede della Fondazione, creata da Ratti nel 1985, dove ancora oggi è conservata la sua collezione tessile. Opere realizzate appositamente per l’occasione contribuiscono a creare una relazione visiva coesa tra la ricerca artistica, i tessuti antichi, la storia di Antonio Ratti e gli spazi interni ed esterni della mostra. La sua idea che esperienza e conoscenza, arte e sperimentazione siano strumenti fondamentali per comprendere il proprio tempo e generare nuove idee prende forma nuovamente in questa mostra. La mostra è ospitata nelle sale di Villa Olmo e di Villa Sucota, nei loro parchi e in altri luoghi della città, creando una rete fra punti focali del tessuto culturale comasco. Cuore della mostra è Villa Olmo, a pochi passi dal centro cittadino. Grazie all’allestimento firmato dall’architetto Philippe Rahm e dalla veste grafica di Wolfe Hall, materiale d’archivio e tessuti antichi dialogano con le opere d’arte contemporanea nelle sale neoclassiche della villa. Artisti che negli anni hanno collaborato con la Fondazione, come John Armleder, Luigi Ontani, Giulio Paolini, Walid Raad, Yvonne Rainer, Julia Brown, Vincent Ceraudo, Zishi Han, Moira Ricci e Oriol Vilanova, hanno realizzato opere pensate appositamente per questi spazi, capaci di raccontare la visione e l’eredità di Antonio Ratti. Un documentario realizzato da Domenico Palma, visibile all’interno della Villa, racconta Antonio Ratti attraverso le parole e i ricordi di chi con lui ha collaborato e condiviso sogni e visioni. l percorso espositivo si conclude a Villa Sucota, tappa finale della mostra e sede della Fondazione Antonio Ratti. Il parco della Villa, che già ospita opere permanenti di Gerry Bibby, Jimmie Durham, Liliana Moro, Matt Mullican e Richard Nonas, sarà arricchito da installazioni di artisti che negli anni hanno partecipato al CSAV - Artists’ Research Laboratory, tra i quali Invernomuto, Daniel Jablonski e Oscar Santillan.

 Jimmie Durham 

Alfredo Jaar

Giulio Paolini

Ilya e Emilia Kabakov

Joan Jonas

Luigi Ontani

ALCUNI DETTAGLI DEI TESSUTI ESPOSTI:
Damasco broccato, 1733-1737, Italia

Damasco broccato, 1715-1720, Lione-Francia

Taffetà chinè, 1775, Lione-Francia

Disegno per cravatta, pittura su carta, 1934-1939

Disegno per cravatta, pittura su carta, 1934-1939



Thursday, December 22, 2016

IL PRESEPIO DI JIMMIE DURHAM

In occasione delle festività natalizie entra a far parte della collezione del museo MADRE una nuova opera concepita e realizzata appositamente per il museo campano d'arte contemporanea: Presepio (2016) di Jimmie Durham (Arkansas, 1940) artista, scrittore e attivista politico che negli ultimi anni trascorre frequenti periodi a Napoli.
 Giovedì 22 dicembre (ore 18:00, sala Clemente, secondo piano) l'opera sarà presentata al pubblico in presenza dall'artista, introdotto dal presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee Pierpaolo Forte e dal direttore del museo MADRE Andrea Viliani.
 Avvalendosi di una pluralità di linguaggi, come il disegno, la scrittura, il video, la performance e principalmente la scultura, Durham decostruisce i concetti cardine della cultura occidentale per smantellare stereotipi e costrutti imposti dalle culture dominanti, e lasciare all'essenza dei componenti delle sue opere – materiali eclettici sapientemente combinati tra loro – la possibilità di innescare una riflessione sugli statuti stessi dell’arte e della realtà.
 La presentazione del nuovo presepe di Durham creato appositamente per il MADRE continua una recente tradizione del museo, che nel 2015 presentò, in occasione delle festività natalizie, i presepi dell’artista Giosetta Fioroni.
 Il Presepio di Jimmie Durham rispetta la caratteristica configurazione del Presepe Napoletano, in cui la nascita del bambino Gesù è ambientata nello scenario della città contemporanea e l’area del praesaepe è attorniata da numerose figure popolari, la cui caratterizzazione estetico-formale ha assunto, nel tempo, una grande pregnanza simbolica. Personaggi imprescindibili come il salvifico pescatore, il dormiente Benino, l’angelo messianico vengono collocati in uno scenario che, come spesso nel lavoro dell’artista, riproduce la vitalità del soggetto rappresentato attraverso le suggestioni conferite dalla preziosità cromatica, tattile e olfattiva propria dei materiali scultorei utilizzati. In quest’opera Durham riesce a rievocare la storia di una fra le più antiche tradizioni artigianali campane e a rendervi omaggio, dando vita ai suoi protagonisti e al paesaggio con le stesse materie, il marmo e il legno policromo, usato dai primi scultori che raffigurano la natività. Al contempo Durham condensa in Presepio il suo stesso percorso artistico dominato dall’uso di questi stessi elementi, la pietra e il legno, seguendo il principio secondo cui la forza di una scultura risiede nella derivazione diretta dalle potenzialità della materia utilizzata per realizzarla: in questo caso pietra e legno.









Friday, October 14, 2016

OPENING CENTRO ARTE CONTEMPORANEA LUIGI PECCI

Cresce l’attesa per il Grand Opening del nuovo Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, in calendario il prossimo 16 ottobre 2016, dopo il completamento dell’avveniristico ampliamento a forma di navicella spaziale dell’architetto di stanza a Rotterdam Maurice Nio e la riqualificazione dell’edificio originario di Italo Gamberini. Il Centro Pecci sarà infatti l’unica istituzione pubblica dedicata all’arte contemporanea in Italia, e una tra le poche in Europa, a inaugurare un nuovo edificio nel decennio 2010-2020. Fondato nel 1988  il Centro Pecci si appresta a diventare un punto di riferimento internazionale per la sperimentazione dei molteplici linguaggi artistici contemporanei. La sua missione sarà, infatti, quella di indagare tutte le discipline della cultura contemporanea, toccando anche cinema, musica, perfoming arts, architettura, design, moda e letteratura, cercando al contempo di avvicinare il più possibile l’arte alla società. Sarà un luogo non solo espositivo, ma anche basato sulla ricerca e la sperimentazione. La mostra inaugurale, intitolata La fine del mondo, a cura del direttore Fabio Cavallucci,  non vuol essere  la rappresentazione di un futuro catastrofico imminente, ma insieme presa di coscienza della condizione di incertezza in cui versa il nostro mondo e riflessione sugli scenari che ci circondano. I mezzi, anche concettuali, d’interpretazione della realtà che noi abbiamo conosciuto non sono più in grado di comprendere il tempo presente. Di qui, da questo cambiamento strutturale, nasce un senso diffuso di fine.”Attraverso le opere di oltre 50 artiste e artisti internazionali e con un allestimento che si estenderà sull’intera superficie espositiva del museo di oltre 3000 metri quadrati, la mostra si configura come una specie di esercizio della distanza, che spinge a vedere il nostro presente da lontano. Il pubblico entrerà nella nuova ala realizzata da Maurice Nio – sorta di navicella spaziale atterrata da chissà quale pianeta e pronta con la sua antenna a emettere onde o a ricevere messaggi “cosmici” – e si troverà di fronte a un’installazione dell’artista svizzero Thomas Hirschhorn: un Break Through, uno sfondamento da cui cadono i cascami di un’altra dimensione. Una volta all’interno sperimenterà la sensazione di vedersi proiettato a qualche migliaio di anni luce di distanza da noi, rivedendo il nostro mondo come un reperto fossile, lontano ere geologiche dal tempo presente, spinto a pensare alle incommensurabili distanze cosmiche e ai lunghissimi tempi della storia della Terra e dell’Universo, di fronte ai quali le nostre esistenze sono solo frammenti inconsistenti. Quel mondo che abbiamo conosciuto dall’origine dell’umanità a oggi, il nostro mondo, ci apparirà dunque già finito, e la sensazione sarà quella di essere sospesi in un limbo tra un passato ormai lontanissimo e un futuro ancora distante. La fine del mondo si colloca all’interno di questo limbo e attraverso lavori di natura diversa, spesso da attraversare, da esperire fisicamente, in una scansione di spazi e di suoni che si succedono, ci trascinerà in un movimento continuo, ineluttabile, una specie di loop, di eterno ritorno che ritmicamente ci allontana e ci riavvicina al presente, proponendoci nuove chiavi di lettura.
Il percorso raccoglierà interventi di artisti ormai affermati internazionalmente, dal nativo americano Jimmie Durham al cubano Carlos Garaicoa ai cinesi Qiu Zhijie e Cai Guo-Qiang, fino a opere di artisti più giovani come il brasiliano Henrique Oliveira o lo svizzero Julian Charrière con un lavoro realizzato a quattro mani insieme al tedesco Julius Von Bismarck. Non mancheranno poi lavori ormai appartenenti alla storia dell’arte, come quelli di Marcel Duchamp, di Pablo Picasso o di Umberto Boccioni. Ma numerosissimi saranno anche gli artisti giovani e ancora poco conosciuti, molti dei quali provenienti dalle aree geografiche in cui sono presenti forti contrasti e conflitti, come l’Europa dell’Est, il Nord Africa, il Medio Oriente, il Sud America. Il pubblico attraverserà i vari ambienti sperimentando diverse sensazioni: dal distacco da questo nostro mondo, così piccolo e insignificante, alla malinconia per qualcosa che abbiamo amato e abbiamo perduto, fino a riconoscere qualche barlume di futuro, comunque già oggi presente, anche se non ce ne accorgiamo. Lungo il percorso espositivo tutte le espressioni e i linguaggi artistici saranno interconnessi: la musica, il teatro, il cinema, l’architettura e la danza non rappresenteranno solo eventi collaterali, ma si snoderanno come momenti integranti della mostra, contribuendo a costruire una narrazione immersiva e coinvolgente. Così, oltre agli artisti, saranno molteplici le personalità di altro genere, eclettiche e visionarie, che arricchiranno il racconto con il loro contributo: dalla celebre cantante Bjork all’architetto Didier Fiuza Faustino, al drammaturgo e attore Pippo Delbono, fino al musicista elettronico Joakim.


Thomas Hirschhorn- Break-through (one)

Aristide Antonas -  Landscape with Crane Rooms and Keg Apartments

Riccardo Arena -  Vavilon | Solovki Islands, Project C

Fayçal Baghriche -  Half of what you see

Umberto Boccioni - Forme uniche nella continuità dello Spazio 

Ali Cherri - Paysages tremblants  

Hanne Darboven -  Opus 26 Quartet 

Carlos Garaicoa -  De cómo la tierra se quiere parecer al cielo 

Robert KuÅ›mirowski -  STRONGHOLD 

Museo Fiorentino di Preistoria -  Amigdala

NASA -  Beams of Light on a Golden Lake

Henrique Oliveira -  Transarquitetonica

Ekaterina Vasilyeva and Hanna Zubkova - Axe de revolution 

Qui Zhijie -  Installation view of The Map of the Third World 

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